PAOLO BORSELLINO, IL CORAGGIO DELLA VERITA’

“Chi ha paura muore ogni giorno, chi invece non ha paura muore una volta sola” . (Paolo Borsellino)

Ninni Cassarà mi disse: “Convinciamoci che siamo dei cadaveri che camminano”. (Paolo Borsellino, intervista a Lamberto Sposini dell’inizio di luglio)
Paolo Emanuele Borsellino (Palermo, 19 gennaio 1940 – Palermo, 19 luglio 1992), magistrato italiano considerato, assieme a Giovanni Falcone, uno fra gli eroi simbolo della lotta alla mafia a livello internazionale. L’allegria e la passione per il suo lavoro fanno di Borsellino una persona d’esempio capace di trasmettere dei valori positivi per i giovani. La triste tragedia del suo assassinio, come quella dell’amico e collega Giovanni Falcone, non va dimenticata per il semplice fatto che deve ancora essere raggiunto l’obiettivo di una vita: sconfiggere la mafia.

Paolo Borsellino, figlio di due farmacisti, nasce in una famiglia borghese, nell’antico quartiere di origine araba della Kalsa. Frequenta il Liceo classico “Meli” e si iscrive presso la facoltà di Giurisprudenza di Palermo, laureandosi a soli 22 anni con il massimo dei voti.
Poco tempo dopo, dopo la morte del padre, si assume la responsabile della famiglia. Si impegna con l’ordine dei farmacisti a tenere l’attività del padre fino al conseguimento della laurea in farmacia della sorella.
– Nel 1963, tra piccoli lavoretti e le ripetizioni Borsellino studia per il concorso in magistratura che supera brillantemente.

L’amore per la sua terra e per la giustizia gli danno quella spinta interiore che lo porta a diventare magistrato senza trascurare i doveri verso la sua famiglia. La vocazione della professione di magistrato nella città di Palermo ha per lui un senso profondo.
– Nel 1965, diventa uditore giudiziario presso il tribunale civile di Enna.
– Nel 1967, due anni più tardi, ottiene il primo incarico direttivo: Pretore a Mazara del Vallo nel periodo successivo al terremoto.
– Nel 1968, si sposa con Agnese.
– Nel 1969, viene trasferito alla pretura di Monreale dove lavora in stretto contatto con il capitano dei Carabinieri Emanuele Basile.

– Nel 1975, viene trasferito al tribunale di Palermo, entrando nell’Ufficio istruzione processi penali sotto la guida di Rocco Chinnici. Con il Capitano Basile lavora alla prima indagine sulla mafia: ruolo che lo vede impegnato fino al giorno del suo assassinio .
– Nel 1980, vengono arrestati i primi sei mafiosi. Nello stesso anno il capitano Basile viene ucciso in un agguato. Per la famiglia Borsellino arriva la prima scorta con le difficoltà che ne conseguono. Da questo momento il giudice deve relazionarsi con i ragazzi della scorta che gli sono sempre a fianco e che cambieranno per sempre le sue abitudini e quelle della sua famiglia.
Borsellino, magistrato leale, impegnatssimo nel suo lavoro, definisce mediamente circa 400 procedimenti per anno. Si distingue presto per l’impegno e diligenza; caratteristiche per cui gli viene conferita la nomina a magistrato d’appello con deliberazione in data 5 marzo 1980, dal Consiglio Superiore della Magistratura.
Viene costituito un pool che comprende quattro super-magistrati; Falcone, Borsellino e Barrile lavorano uno a fianco all’altro, sotto la guida di Rocco Chinnici.
Loro sapevano che bisognava lavorare sui giovani, che quello dei giovani era la forza su cui contare per cambiare la mentalità della gente. Volevano scuotere le coscienze e sentire intorno a sé la stima della gente. Per questo, Giovanni Falcone e Paolo Borsellino promovevano iniziative nelle scuole, parlando ai giovani nelle feste giovanili di piazza, alle tavole rotonde per spiegare e per sconfiggere una volta per sempre la cultura mafiosa.

Borsellino, fino alla fine della sua vita, nel tempo che gli rimaneva dopo il lavoro, cercava di incontrare i giovani, di comunicargli questi nuovi sentimenti e di renderli protagonisti della lotta alla mafia.
– Nel 1983, arriva il primo duro colpo per il pool; viene ucciso il giudice Rocco Chinnici con un’autobomba. Borsellino è distrutto: dopo Basile anche Chinnici viene strappato alla vita. Il leader del pool, il punto di riferimento, viene a mancare.
A sostituire Chinnici arriva a Palermo il giudice Caponnetto e il pool, sempre più affiatato continua nell’incessante lavoro raggiungendo i primi risultati.
– Nel 1984, viene arrestato Vito Ciancimino e si pente Tommaso Buscetta: Borsellino sottolinea in ogni momento il ruolo fondamentale dei pentiti nelle indagini e nella preparazione dei processi.
Comincia la preparazione del Maxiprocesso e viene ucciso il commissario Beppe Montana.
La situazione diventa molto dura: Falcone e Borsellino vengono immediatamente trasferiti all’Asinara per concludere le memorie, predisporre gli atti senza correre ulteriori rischi.
Conclusa la monumentale istruttoria del primo maxi-processo all’organizzazione criminale denominata “Cosa Nostra” insieme al collega Giovanni Falcone, unitamente al dott. Leonardo Guarnotta e al dott. Giuseppe Di Lello-Filinoli, Paolo Borsellino chiede il trasferimento alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Marsala per ricoprire l’incarico di Procuratore Capo. Le loro indagini proseguono, i pentiti aumentano e il giudice cerca di sentirne il più possibile. Spesso i pentiti hanno chiesto di parlare con Falcone o con Borsellino perché sapevano di potersi fidare, perché ne conoscevano le qualità morali e l’intuito investigativo.
Borsellino va a vivere in un appartamento nella caserma dei carabinieri per risparmiare gli uomini della scorta. In suo aiuto arriva Diego Cavaliero, un giovane magistrato. 
– Nel 1987, Caponnetto è costretto a lasciare la guida del pool a causa di motivi di salute. Tutti a Palermo attendono la nomina di Giovanni Falcone al posto di Caponnetto, anche Borsellino è ottimista. Il CSM non è dello stesso parere e si diffonde il terrore di veder distruggere il pool. Borsellino scende in campo e comincia una vera e propria lotta politica: parla ovunque e racconta cosa stia accadendo alla procura di Palermo; sui giornali, in televisione, nei convegni, continua a lanciare l’allarme. A causa delle sue dichiarazioni Borsellino rischia il provvedimento disciplinare. Solo il Presidente della Repubblica Francesco Cossiga interviene in suo appoggio chiedendo di indagare sulle dichiarazioni del magistrato per accertare cosa stia accadendo nel palazzo di giustizia di Palermo. Da questo momento gli attacchi a Borsellino diventano forti ed incessanti. Le indiscrezioni su Falcone e Borsellino sono ormai quotidiane; si parla di candidature alla Camera o alla carica di Sindaco. I due magistrati smentiscono ogni cosa.
Più tardi, a Roma viene finalmente istituita la superprocura e vengono aperte le candidature; Falcone è il numero uno ma, anche questa volta, sa che non sarà facile. Borsellino lo sostiene a spada tratta sebbene non fosse d’accordo sulla sua partenza da Palermo. Il suo impegno aumenta quando viene resa nota la candidatura di Cordova. Borsellino esce allo scoperto, parla, dichiara, si muove: è di nuovo in prima linea. I due magistrati lottano uno a fianco all’altro, temono che la superprocura possa divenire un arma pericolosa se in possesso di magistrati che non conoscono la mafia siciliana.
– Nel Maggio 1992, Giovanni Falcone raggiunge i numeri necessari per vincere l’elezione a superprocuratore. Borsellino e Falcone esultano, ma il giorno dopo arriva la “strage di Capaci” Giovanni Falcone viene ucciso insieme alla moglie.
Paolo Borsellino soffre molto, il legame che aveva con Falcone era speciale. Per Borsellino termina una vita speciale, quella dei due amici-magistrati, densa di passione e di amore per la propria terra. Sostanzialmente, due caratteri diversi, complementari tra loro, uno un po’ più razionale l’altro più passionale, ma entrambi con un carisma.
A Borsellino viene offerto di prendere il posto di Falcone nella candidatura alla superprocura, ma rifiuta. Resta a Palermo, nella procura dei veleni, per continuare la lotta alla mafia, diventando sempre più consapevole che qualcosa si è rotto e che il suo momento è vicino.
Vuole collaborare alle indagini sull’attentato di Capaci di competenza della procura di Caltanissetta. 
La lotta continua fino al 19 luglio 1992, quando dopo una gita in barca, torna a Palermo per accompagnare la mamma dal medico: l’esplosione di un’autobomba sotto la casa di via D’Amelio strappa la vita al giudice Paolo Borsellino e agli uomini della sua scorta.
Con il giudice perdono la vita anche gli agenti di scorta Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Cosina, Claudio Traina ed Emanuela Loi.

David Zahedi