Negli ultimi decenni si è rafforzata l’abitudine di preparare, per il Cenone di Capodanno, piatti sempre più ricchi ed elaborati, sull’onda di un’antica tradizione secondo cui l’abbondanza d’inizio anno garantirebbe tavole imbandite per tutti gli altri 364 giorni. Il benessere attuale consente alla maggior parte delle famiglie di allestire pranzi luculliani, pieni di ogni bendiddio, ma per secoli le massaie hanno dovuto fare ricorso a tutta la propria parsimonia e inventiva culinaria per organizzare un benvenuto degno al nuovo anno. Non mancava mai il maiale, simbolo di ricchezza, perché con il suo muso ammucchia le ghiande per terra davanti a sé, così come non si poteva fare a meno delle lenticchie e di tutti quegli alimenti che richiamano le monete e quindi propiziano la raccolta di denaro. Per quanto riguarda invece la fine del pranzo, si era ben lontani dall’immaginare torrone, cioccolato, torte e pasticcini e i dolci consistevano perlopiù in versioni elaborate della pasta del pane, che con il tempo si impreziosirono, arricchendosi di spezie, frutta secca e fragranze. Quasi tutte le regioni italiane vantano fra le ricette tradizionali qualche tipo di “pan” che, nato dalla cucina delle dimore povere, è entrato di diritto nei menu delle feste diventandone una delle principali voci. Basti pensare alle versioni più note, come il panettone milanese, il pandoro di Verona o il panforte toscano, preparato con mandorle, nocciole, miele e spezie. Ma ci sono anche ricette meno famose, come il pandolce ligure (da un impasto di farina, zucca candita, uva passa, pistacchi, pinoli, essenza di fiori d’arancio, semi di finocchio, latte e marsala), il panpepato umbro (a base di farina, cioccolato, noci, mandorle, pinoli, nocciole, scorza di arancia candita, uvetta, miele, pepe e vino rosso) e il pangiallo del Lazio (frutta secca e canditi con farina, miele e cioccolato). Infine, non si possono dimenticare altre varianti regionali di “pane delle feste”, come il Panone di Natale di Bologna (una preparazione a base di farina, miele, cacao, mostarda di mele cotogne, cioccolata fondente e fichi secchi), la pizza de Nata‘ marchigiana (pasta di pane assieme a uva passa, frutta secca, cacao, scorze di limone e arancio grattugiate, fichi e zucchero) e il Pan di Toni, sempre lombardo, un dolce simile al panettone, preparato con burro, farina, uova, zucchero, canditi e uvetta. Insomma, in tempi di crisi economica è quasi doveroso riscoprire i piatti della tradizione popolare, non industriali e preparati con ingredienti genuini: forse in questo modo si riuscirà anche a ritrovare l’antico sapore delle feste.