Come tante eccellenze italiane anche la storia dell’aceto si perde nella notte dei tempi, a ulteriore riprova del fatto che, se abbiamo dei prodotti che il mondo ci invidia questo si deve a anni, o per meglio dire, secoli di esperienza. Di aceto si trova traccia in varie forme sin dagli antichi romani ma è nell’anno mille, per la precisione il 1046 ,che per la prima volta viene fatto riferimento in una cronaca benedettina, al dono che il marchese Bonifacio fece a Enrico II di Franconia. Il marchese in questione era il padre nientemeno della famosa Matilde di Canossa e il dono in questione era una botticella di aceto un dono degno di imperatori quindi. L’origine dell’aceto balsamico è incerta ma con molta probabilità qualcuno deve aver dimenticato una certa quantità di mosto di uva cotto e qualcuno deve aver ritrovato dopo molto tempo quello stesso mosto ormai acetificato naturalmente. Non si sa quindi chi abbia messo in relazione il mosto con l’acetificazione ma la scoperta era ormai fatta. Il bello è che all’inizio venne chiamato balsamico perché considerato una sostanza “lenitiva e medicamentosa”una sorta di medicina insomma da utilizzare per la cura delle malattie (lo si utilizzo anche come cura contro la peste). Sarà solo nel Rinascimento quando cioè nel 1598 la capitale del ducato passa da Ferrara a Modena, che i Duchi D’Este iniziano a comprenderne l’importanza aromatica e a farne un prodotto da produrre su scala ingrandita. Verso il 1700 l’aceto è noto in Europa e nel 1796 il Duca Ercole III a causa delle conseguenze della Rivoluzione francese venne costretto a vendere le sue acetaie di Modena ma evidentemente non tutte le andarono perdute se circa sessanta anni dopo le cronache dell’epoca riportano che Vittorio Emanuele II e il Conte di Cavour effettuano una visita nelle proprio alle famose acetaie che erano state vendute.. Il termine balsamico oltre al significato primordiale di unguento medicamentoso ha assunto tuttavia nel corso del tempo una connotazione che si può avvicinare a “speciale”. La zona è sempre stata comunque quella del modenese e la denominazione ha trovato una sua definizione ufficiale solo nel 1976 ad opera della Consorteria spilambertese che lo definisce cosi“Il vero Aceto balsamico tradizionale è prodotto nell’area degli antichi domini estensi. È ottenuto da mosto d’uva cotto; maturato per lenta acetificazione, derivata da naturale fermentazione e da progressiva concentrazione mediante lunghissimo invecchiamento in serie di vaselli di legni diversi, senza alcuna addizione di sostanze aromatiche. “Attualmente il vero aceto balsamico riconosciuto dal Disciplinare di Produzione è solo di due tipi : affinato invecchiato cioè almeno 12 anni e extravecchio con almeno 25 anni di anzianità. Il costo? Beh non proprio a buon mercato… circa 400 euro al litro per la versione “giovane”.Insomma per molti ma non per tutti.
Carmine De Angelis