Donatello

Donato di Niccolò di Betto Bardi, conosciuto come Donatello (Firenze, 1386 – Firenze, 13 dicembre 1466), è stato uno scultore, disegnatore e orafo italiano, considerato uno dei più celebri artisti del Rinascimento italiano, nonostante l’adesione ad uno stile espressivo e dinamico, spesso estraneo al contesto artistico dell’epoca. In qualità di scultore, si formò forse a Pistoia presso la bottega di Lunardo di Mazzeo e Piero di Giovanni; nel 1402 si trasferì a Roma con Brunelleschi, con il quale ebbe modo di conoscere e studiare la scultura antica, fondamentale per la formazione di ogni artista. Tornato a Firenze, si cimentò come orafo, collaborando anzitutto con Lorenzo Ghiberti (1407) per l’elaborazione di modelli per una delle porte del Battistero fiorentino. Alcune delle prime opere autonome di Donatello furono il David (1408, Firenze, Museo del Bargello), in marmo, dalle forme e dalla postura alquanto rigide, e il successivo San Giovanni Evangelista (1409), per il portale del Duomo: in quest’opera emerge già una propensione ad un’espressività mimica e psicologica, resa dall’espressione corrucciata, abbinata ad un’impostazione di sapore antico e dettagli realistici. Probabilmente di fattura contemporanea è il celebre Crocefisso contadino

(Firenze, Santa Croce), realizzato in competizione con l’amico Brunelleschi che rimproverò a Donatello di aver rappresentato una figura priva della bellezza e proporzionalità divina tipica della statuaria antica e di essersi piuttosto ispirato ad un contadino: la figura appare oltretutto sofferente e la fisionomia rimane deformata dal dolore, con un risultato davvero espressivo. Una svolta verso forme di memoria gotica si registrò con il San Marco (1413) e il San Giorgio (1415) per la Chiesa di Orsanmichele, dove all’allungamento delle figure dei santi abbinò però una notevole fermezza, già espressione della forza trattenuta tipica della scultura successiva. Per la stessa chiesa realizzò inoltre il rilievo marmoreo San Giorgio libera la principessa (1417, Firenze, Museo del Bargello), uno dei primi esempi di applicazione di prospettiva centrale, in questo caso incentrata (con il punto di fuga) sulla figura centrale del santo, e mirabile modello di “stiacciato” o “schiacciato”, tipologia di bassorilievo a spessore minimo, con profondità graduale in grado di rendere l’effetto prospettico. Realizzò inoltre alcune statue per la decorazione delle nicchie del campanile giottesco (Sacrificio di Isacco, Profeta, Geremia e Zuccone) prima di trasferirsi, nel 1423, a Siena, per la decorazione del fonte battesimale del Battistero, per il quale creò il rilevo bronzeo Il banchetto di Erode (1427) e due statuette. Pressoché contemporaneamente, a partire dal 1425, Donatello iniziò a collaborare con Michelozzo, con il quale si occupò tra l’altro del monumento funebre a Giovanni XXIII, del monumento al Cardinale Brancacci (Napoli) e del pulpito esterno del Duomo di Prato (1428). Nel 1432 si recarono insieme a Roma dove lavorarono al Tabernacolo del Sacramento (sagrestia, San Pietro in Vaticano) e ad altre opere, tornando a Firenze (1433) con un arricchito repertorio figurativo, in parte ispirato all’iconografia e allo stile antico. Tornato a lavorare autonomamente, a Firenze gli fu commissionata la progettazione di una cantoria per l‘Opera del Duomo, per la quale Donatello optò per una vasca scandita da cinque coppie di colonnine, corrispondenti, nella parte inferiore, ad altrettante mensole. La progettazione, probabilmente ispirata ai sarcofagi antichi (soprattutto nel rapporto tra inquadratura architettonica e illustrazione) pone in primo piano il fregio, uno dei pezzi più esemplificativi della costruzione dinamica donatellesca. Lo schema compositivo, infatti, si basa su linee oblique contrapposte, in grado di dare completa espressione all’energia fisica delle figure rappresentate. Uno stile energico e virante, opposto all’eleganza misurata dell’Annunciazione (1435, Firenze, Altare Cavalcanti in Santa Croce), per la quale Donatello predilesse una soluzione moderata, opposta all’espressività psicologica delle opere precedenti, a favore di una gestualità controllata e un forte interiorizzazione. Il ritorno all’espressività originaria operato nella decorazione della Sagrestia vecchia (1434-1442) della Basilica di San Lorenzo non fu però apprezzato: i medaglioni in stucco con le Storie di San Giovanni evangelista, i tondi raffiguranti gli Evangelisti e le formelle delle porte bronzee mostrano talvolta una concitazione ed una dinamicità che suscitarono diverse critiche. Uno dei pezzi più celebri della produzione di Donatello è sicuramente il David bronzeo (1440, Firenze, Museo del Bargello) una commistione tra il David biblico e il Mercurio pagano: il risultato è una soluzione molto raffinata, memore della lezione antica, come testimonia anche il fregio classico riportato sull’elmo.    

Il corpo dell’eroe è modellato con grande delicatezza, la posa è equilibrata nell’attento bilanciamento dei pesi ed è predisposta per una visione multipla. Trasferitosi a Padova nel 1443, poté attingere dal clima culturale cittadino (che già aveva conosciuto l’Umanesimo e importantissimi artisti quali Giotto e Paolo Uccello) nuova ispirazione, soprattutto per la serie di opere create per la Basilica di Sant’Antonio: per tale struttura realizzò anzitutto il Crocefisso bronzeo (1444), capolavoro in grado di coniugare resa anatomica, attenta proporzionalità, dettaglio descrittivo e una composta espressività, affidata soprattutto al volto sofferente del Cristo; nel 1446 gli fu affidato anche l’altare per il quale pensò a sette statue a tutto tondo (Madonna con Bambino e diversi santi) d’impostazione solenne, alcuni rilievi con episodi della Vita di Sant’Antonio, dodici putti e alcune formelle con simboli evangelici. I rilievi “stiacciati” relativi alla vita di Sant’Antonio si caratterizzano per scene sovraffollate, tutte organizzate attorno all’evento miracoloso, compiutosi sullo sfondo di profonde architetture che non rinunciano, nonostante lo spessore millimetrico, ad un forte effetto illusionistico (si veda il Miracolo dell’Asina.

La celebre scena della Deposizione di Cristo, in pietra, non è che un esempio della composizione dinamica e fortemente espressiva della scultura di Donatello, che qui optò per una gestualità ed una mimica fortemente teatrali ed eloquenti. Parallelamente alle commissioni per la Basilica antoniana, nel 1446, fu incaricato della realizzazione del monumento equestre al condottiero Gattamelata (1453)il primo esempio di monumento equestre in bronzo slegato dalla funzione funebre, probabilmente ispirato ai modelli classici: dall’antichità, infatti, Donatello attinse l’idealizzazione fisica e gli elementi iconografici, quali il bastone del comando, di eredità romana; a questi però applicò un’interpretazione personale sia sotto il profilo espressivo, assegnando uno sguardo assorto e forse lungimirante al condottiero, sia sotto l’aspetto compositivo, organizzando il tutto su un’equilibrata contrapposizione di linee orizzontali, verticali e oblique in grado di dare, pur nella staticità, un forte dinamismo. Tornato a Firenze nel 1454, sperimentò la scultura in legno con la Maddalena penitente (1455, Firenze, Museo dell’Opera del Duomo) esempio perfetto dell’estrema drammatizzazione ed espressività raggiunte nell’ultima fase: la perfezione classica è completamente annullata dal corpo smagrito, simbolo del dolore e della stanchezza, effetti amplificati dai lunghi capelli disordinati e dal volto scavato e sofferente. Pressoché contemporaneo è il gruppo di Giuditta e Oloferne (1457), opera concepita per una visione a 360°, per la quale Donatello adottò soluzioni opposte per i due personaggi, opponendo nudità e vesti caste, raffinatezza ed espressività grezza, insistendo anche su una certa resa psicologica della gamma di sentimenti collegabili alla drammaticità della scena. Dopo un soggiorno a Siena, Donatello lavorò alle ultime commissioni fiorentine, i pulpiti di San Lorenzo, per i quali mantenne fede alla forte drammaticità delle ultime opere, sottolineata, in questo caso dal non-finito e dall’illusionismo spaziale, alimentato dalla libertà compositiva in grado di far interagire i personaggi con gli elementi strutturali e la cornice esterna. Questa conversione ad una decisa espressività non trovò l’apprezzamento della committenza, abituata a forme misurate ed equilibrate d’ispirazione antica. Donatello morì in solitudine a Firenze il 13 dicembre 1466.

Federica Gennari