Woody Allen, il Genio Intellettuale

Allan Stewart Königsberg, in arte Woody allen, nasce il 1°Dicembre 1935 a New York da una famiglia Ebraica di origine tedesca, la sua prima volta al cinema è con la madre all’età di tre anni a vedere biancaneve e i sette nani, e da allora il cinema diventa la sua seconda casa.  A quindici anni decide di abbandonare gli studi (che non porterà mai a termine) dedicandosi al cabaret. Si distingue già da adolescente per il suo umorismo, e singolare stile spesso sottile, intellettuale. Il suo film preferito è La Fiamma de Peccato di Billy Wilder.Comincia a esibirsi nei nightclub e nel 1961 comincia a lavorare comedian al Greenwich Village, continuando a scrivere testi per la televisione (Tonight nel 1964) e per riviste come “New Yorker“, “Playboy” ed “Esquire” fino a quando prende contatto con il cinema firmando la sceneggiatura di Ciao, Pussycat (1965), film poi diretto da Clive Donner. Nel 1966 realizza il suo primo lungometraggio, Che fai, rubi?, per il quale è autore della sceneggiatura e della regia, e nella quale appare in veste di attore. Il film utilizza diverse clip del film giapponese Kokusai himitsu keisatsu: Kagi no kagi (1965, in pratica una sorta di parodia di James Bond doppiato in modo da ottenere un risultato surreale e comico al tempo stesso ma è sulla farsa erotico sentimentale che Allen da il meglio di sé e infatti l’opera che lo consacra come protagonista e sceneggiatore al grande pubblico è Provaci ancora Sam a tutt’oggi uno dei film più riusciti di Allen (anche se diretto da Herbert Ross nel 1972).  I temi affrontati sono spesso sulla crisi esistenziale degli ambienti intellettuali con un’accentuata autoironia e ironia verso la borghesia e capitalismo rispecchiando una comicità che fa trasparire la sua base filosofica, letteratura, psicoanalisi, la sua insostituibile New York e influenza del cinema europeo, infatti le sue opere sono state sempre più apprezzate in europa. Il film è una somma degli ingredienti che accompagneranno il grande regista fino ai nostri giorni. Il rapporto ossessivo con le donne, le nevrosi, la psicoanalisi, il jazz,in pratica tutte le tematiche che tra alti e bassi faranno da leit motiv della sua produzione. Allen nel corso della sua carriera ha realizzato film con accenti diversi, dalle commedie romantiche (Io e Annie, Hanna e le sue sorelle, Manhattan ecc) a quelle più surreali (Tutto quello che avreste voluto chiedere sul sesso e non avete mai osato chiedere) o film più introspettivi (Interiors, Stardust memories) ma quello che ha rappresentato un autentico capolavoro di genialità comica e raffinatezza intellettuale è Zelig, un film ambientato nel 1928 dove il protagonista , Leonard Zelig ,(Woody Allen) è vittima di una ignota malattia che si manifesta nella trasformazione psicosomatica dei tratti in conseguenza del contesto in cui l’individuo si trova.                                                                
Ricoverato in ospedale, Zelig viene seguito da Eudora Fletcher (Mia Farrow), una psichiatra che cerca di decodificare lo strano fenomeno del paziente. Il “camaleontismo”.Film di raffinata fattura realizzato per gran parte in bianco e nero pur essendo un film comico tratta con un tocco leggero ma penetrante i temi della psicoanalisi e soprattutto fa il verso alle ricostruzioni documentaristiche di certo giornalismo impegnato con risultati talmente convincenti che lo spettatore si chiede se Zelig sia mai esistito. Il bello è che è tutto inventato di sana pianta! Allen è un autore regista sceneggiatore e musicista (suona il clarinetto in formazione jazz con discreti risultati) che non ha conosciuto soste nella sua produzione. Questo è l’aspetto se vogliamo più positivo ma anche più negativo allo stesso tempo perché con una produzione media di un film all’anno la qualità ne ha a volte risentito specialmente dopo il 2000, quando sforna una serie di flop che fanno pensare ad un esaurimento della vis comica di Allen fino al 2005 quando inaspettatamente dirige un grande film Match Point una sorta di thriller romantico filosofico in cui una relazione sentimentale tra i protagonisti (Jonathan Rhys-Meyers e soprattutto la conturbante Scarlett Johansson) sfocia in un delitto passionale che però non verrà punito come ci si aspetterebbe perché, e qui è la tematica di fondo del film, il Caso determinerà la impunità dell’assassino. Celebre la sequenza (che origina il titolo del film) in cui si vede al rallentatore una pallina da tennis che viaggia da una parte all’altra del campo fino a quando tocca il margine superiore della rete e , dopo una ascesa verso l’alto ridiscende inesorabilmente nel campo di chi quella pallina l’aveva tirata determinando la vittoria dell’avversario, mentre un commento fuori campo spiega come la vita sia spesso legata ad elementi fortuiti che nulla hanno a che vedere con la logica o la giustizia .Dal 2005 ad oggi Allen ha continuato a girare film e nell’ultimissimo periodo, in pratica fino al 2011, ha realizzato una sorte di trilogia dedicata a tre città europee Parigi (Midnight in Paris) Barcellona , (Vicky Cristina Barcelona,) e Roma (to Rome with love) una trilogia che però non si può certo definire una tappa significativa nella produzione del grande regista americano. In quello dedicato a Roma si nota una certa stanchezza creativa e il ricorso a stilemi tipici (e un po’ datati) della sua comicità e una interpretazione della società italiana frutto di una lettura di cliche’ pur presentando qualche zampata del vecchio leone ad esempio nella scena del cantante lirico che riesce a dare il meglio di se solo se si trova sotto la doccia per cui in scena viene allestita una vera doccia ! Il regista in una recente intervista ha confessato che girare film rappresenta per lui una sorta di attaccamento alla vita, in un certo senso un antidoto al pensiero della morte. La considerazione che viene spontanea è però: con tutto quello che è riuscito a realizzare nel corso della sua carriera non è riduttivo produrre film solo per non sentirsi dei pensionati?

F. D’Andrea