Non è facile parlare di un personaggio storico così discusso come Adolf Hitler (Braunau am Inn, 20 aprile 1889 – Berlino, 30 aprile 1945), un politico austriaco naturalizzato tedesco, cancelliere del Reich dal 1933 e dittatore, col titolo di Führer, della Germania dal 1934 al 1945. Paradossalmente, lo dobbiamo ricordare per tutto il male che ha fatto, ma nello stesso tempo vorremmo dimenticare tutta la sua esistenza. Fu un grande comunicatore e trascinatore, quasi diabolico. Grazie alla sua carisma aveva una cerchia di fedelissimi, quasi devoti, persone che si sacrificarono e si uccisero per lui. Nato nel 1889, è tristemente passato alla storia per aver rivestito il ruolo di dittatore nella Germania degli anni Trenta-Quaranta e di capo del Partito Nazista, del quale fu anche il principale ideologo. Il suo avvicinamento a pericolose posizioni antisemite si ebbe attorno al 1910 quando si iscrisse alla Lega Antisemita viennese: acquisendo l’idea della superiorità della razza ariana individuò nella comunità ebraica il nemico da combattere, soprattutto in qualità di gruppo socialmente benestante, a dispetto della generale povertà diffusa in Germania a seguito della crisi economica derivata dalla sconfitta subita durante il primo conflitto mondiale. Prima del suo ingresso in politica, nel 1914 Hitler si arruolò volontario nell’esercito bavarese ottenendo il grado di caporale e partecipando a numerose battaglie. Ferito e parzialmente accecato, nel 1918 fu ricoverato per circa un mese a Pasewalk, periodo nel quale maturò la decisione di entrare in politica, convinto che il suo intervento avrebbe determinato una decisa svolta a favore del proprio paese. Egli era certo del proprio successo e che presto si sarebbe parlato di lui, tutelato, secondo una sua convinzione, da una sorta di protezione divina. Convinto nazionalista, rimase duramente colpito dalla sconfitta tedesca del primo conflitto mondiale e dalle reazioni politiche scatenatesi in parte della Germania. L’avvicinamento al comunismo con la Repubblica dei Consigli Bavarese non poté che acuire l’avversione del futuro dittatore per tale ideologia, spingendolo a divenire informatore contro i rivoluzionari, una volta caduto il controllo marxista (fino al 1920). Divenuto ormai uomo di fiducia dell’ambiente militare, si accostò al Partito Nazista, al quale venne iscritto come “propagandista”, giungendo in breve tempo al vertice dell’organizzazione (febbraio 1920), che ribattezzò “National Sozialistische Deutsche Arbeitspartei”. Facendo leva su tematiche estremiste come il nazionalismo e la lotta ai comunisti, socialisti ed ebrei, riuscì ben presto a farsi conoscere al grande pubblico: con un’abile oratoria, nelle vesti di trascinatore di folle, riuscì a colpire l’orgoglio ferito e l’insoddisfazione del popolo tedesco. Un colpo di stato fallito gli costò, il 1° aprile del 1924, una condanna a cinque anni di prigionia, periodo nel quale si dedicò alla redazione del “Mein Kampf”, un sunto letterario delle idee politiche di Hitler. Rilasciato dopo meno di un anno, si dedicò al rafforzamento del Partito per il quale fondò un corpo di guardie, le S.S., al capo delle quali fu posto H. Himmler, il futuro braccio destro del dittatore nella lotta antisemita. Ripresa la propaganda politica contro la Repubblica di Weimar e l’umiliazione subita dai tedeschi (con le imposizioni economiche e politiche del Trattato di Versailles), il partito, forte dell’inadeguatezza del sistema contro la dura crisi in atto, riuscì ad imporsi alle elezioni del 1930, guadagnando una buona percentuale di voti. Alle elezioni del 1932 il Partito Nazista risultò il partito di maggioranza relativa ma il voto di sfiducia al governo costrinse a nuove elezioni che sfociarono, per Hitler, nel ruolo di cancelliere, raggiunto nel gennaio del 1933: già un mese dopo emise il “Decreto dell’incendio del Reichstag”, la formalizzazione della volontà di eliminare ogni tentativo di presa di potere a danno dei nazisti che aprì un’ondata di violenze contro gli oppositori o nemici del regime. L’ufficiale presa del potere da parte di Hitler si ebbe grazie non solo ai voti ottenuti dal partito, ma anche grazie all’alleanza con altri partiti e all’espulsione dell’opposizione comunista dal Reichstag. Nel corso di un suo discorso del 1934, Hitler per conquistare il cuore del popolo tedesco, annunciò di volere mettere in produzione un’auto per tutti, convinto che l’automobile non dovesse essere un privilegio, infatti, la scelta del nome Volkswagen non è a caso, significa “macchina per il popolo”, e fu cosi che nasce il maggiolino. Lo scopo del suo discorso era che il polpolo tedesco una razza superiore e tutti dovevano avere un’autovettura. Sempre nel 1934 Adolf Hitler , con un apposito decreto, ottene pieni poteri inaugurando la sua dittatura e sciogliendo tutti i partiti ad eccezione di quello nazista. Con un’efficace oratoria e l’ausilio di forze armate (SS e Gestapo), Hitler riuscì a consolidare il proprio potere: con la “Notte dei lunghi coltelli” vennero materialmente eliminati i capi della sinistra ad opera di Himmler, lasciando campo libero alla destra. Alla morte del capo di stato, nell’estate del 1934, Hitler ne approfittò per ampliare i propri poteri divenendo Führer ovvero cancelliere, capo di stato e comandante delle forze armate. Da quel momento si scatenarono le leggi antisemite che portarono all’espulsione degli ebrei da incarichi pubblici e all’obbligo di riconoscimento con la stella di David (1941). Hitler si dedicò parallelamente alla ristrutturazione e rafforzamento dell’esercito tedesco per una nuova campagna di aggressione militare in violazione degli accordi di Versailles, contro i quali occupò l’area della Renania. Fu solo l’inizio: dopo l’avvicinamento all’Italia con il Trattato d’amicizia pattuito con Mussolini (1936), Hitler si mosse per l’ampliamento dei domini tedeschi occupando la Cecoslovacchia (1939) e trattando con l’Unione Sovietica per la divisione dell’area polacca, che invase il 1° settembre scatenando la reazione di Inghilterra e Francia, che dichiararono guerra alla Germania, aprendo il secondo conflitto mondiale. Hitler riuscì a guadagnare la Norvegia e la Danimarca, dedicandosi poi alla conquista della Francia, alla Jugoslavia e alla Grecia (1941). La prima importante sconfitta a danno dei nazisti si ebbe a Stalingrado, durante il tentativo di espansione tedesca in Russia: l’obiettivo di espansione a est e di sconfitta del comunismo fu parzialmente disatteso. Parallelamente al programma militare, Hitler, tra il 1941 e il 1942, decise di dare una soluzione definitiva al “problema ebraico”: attraverso l’istituzione di una rete di campi di sterminio (e non solo) furono uccisi oltre 6 milioni di ebrei (oltre a omosessuali, zingari, gruppi etnici…) in quello che oggi è ricordato come Olocausto. Questa pesante macchia nera nella storia rappresenta il lato più oscuro e drammaticamente doloroso dell’ascesa politica di Hitler. Sul piano espansionistico, l’alleanza degli Stati Uniti (7 dicembre 1941) con l’Inghilterra e l’Unione Sovietica pose gravi problemi al governo di Hitler, che subì un complotto ai suoi danni nel luglio del 1944. Gli alleati sbarcarono in Normandia nel giugno del 1944 mentre già i tedeschi avevano invaso il territorio italiano: nel febbraio del 1945 le truppe sovietiche riuscirono a giungere fino a Berlino, sancendo la definitiva capitolazione del regime nazista e di Hitler. Determinata la sconfitta, il 30 aprile 1945, Adolf Hitler si suicidò nel suo bunker insieme all’amante Eva Braun, sposata solo poche ore prima. Il corpo carbonizzato (secondo le volontà del dittatore stesso) fu ritrovato e identificato dai sovietici. Si chiuse così la vicenda di una figura follemente oscura, che ha lasciato dietro sé milioni di morti, marchiando indelebilmente e dolorosamente la storia del Novecento e dell’intera umanità.
Luigi Boschieri.