Noto semplicemente come Caravaggio, Michelangelo Merisi da Caravaggio (Milano, 29 settembre 1571 – Porto Ercole, 18 luglio 1610), diede, con la sua controversa opera, un contributo innegabile alla storia della pittura.
Dopo aver perso molto presto i genitori, Caravaggio entrò in contatto con la pittura da giovanissimo, a Milano, ma abbandonò la Lombardia nel 1591 in favore della fiorente Roma. Nella capitale trascorse qualche tempo come apprendista presso due botteghe minori dove imparò a dipingere velocemente e in serie, ma il ritorno economico non fu soddisfacente. A questo periodo, comunque, risale una delle opere più famose dell’artista: Il bacchino malato del 1593. All’età di 23 anni entrò nella bottega del ben più famoso Cavalier Giuseppe Cesari d’Arpino dove non di disdegnò di dipingere un gran numero di nature morte con fiori e frutta d’illusionistica precisione (le cosiddette opere di genere, ritenute meno prestigiose a causa dei soggetti semplici) dimostrando da subito un grande talento.
La collaborazione con la bottega non durò a lungo, immediatamente il forte carattere di Caravaggio lo portò a scontrarsi col maestro fino ad una totale rottura.
Il 1595 è l’anno della svolta nella vita di Caravaggio. Conobbe il cardinale Francesco Maria del Monte, suo primo mecenate da subito in grado di comprendere la grandezza del giovane pittore e intenzionato a rendere possibile il sogno di affermazione professionale del ragazzo. L’incontro con il cardinale, che coltivava interessi scientifici, filosofici e matematici, valse a Caravaggio il completamento della sua educazione e la continuazione dei suoi esperimenti giovanili tra cui si ricordano “Il fanciullo con canestro di frutta” e “Ragazzo morso da un ramarro”. Si tratta, nella maggior parte dei casi, di tele di argomento mitologico-allegorico i cui soggetti sono figure di coetanei in pose riprese dalla statuaria tardo classica accompagnati da elementi di natura vegetale.
Lo specchio usato come “camera ottica” rivela un modo nuovo di concepire la pittura, ovvero la migliore definizione che ci arriva da un soggetto se ritratto non direttamente. Ottenendo così una definizione fedele della realtà, Caravaggio comincia a maturare una forte polemica nei confronti della pittura tradizionale che da sempre privilegiava la rappresentazione aulica ed ufficiale dei soggetti storici e religiosi.
Nonostante alcune opere rifiutate, l’innovativo stile di Caravaggio affascinava decisamente i suoi contemporanei e negli ultimi anni del Cinquecento egli poteva vantare committenti celebri quali i Doria e i Giustiniani e tra i collezionisti una figura del calibro di Giambattista Marino, famosissimo poeta.
Abbandonate le piccole tele a carattere simbolico, Caravaggio si confronta ormai con pale d’altare a soggetto sacro. Ricordiamo il “Riposo nella fuga in Egitto” del 1594-95 che si colloca in una tipologia iconografica che imponeva all’artista una profonda verifica dei suoi mezzi linguistici. Osservando la scena altamente realistica del riposo di una Sacra Famiglia, Gian Pietro Bellori (biografo del ‘600 molte volte paragonato al Vasari) colse l’interpretazione lombarda e naturale che Caravaggio offriva del tema sacro. In quest’opera il sentimento del divino e quello del reale riescono a convivere in perfetta armonia.
Nel 1599, attraverso il cardinale del Monte, Caravaggio ottiene la commissione delle due tele laterali della cappella Contarelli in San Luigi dei Francesi e successivamente anche la pala d’altare. Si tratta di opere monumentali in grado di assicurare all’artista una posizione di enorme rilievo. I temi sono ispirati alla vita dell’apostolo Matteo e consentono a Caravaggio di affrontare il problema della storia. L’artista propone in queste opere un radicale rinnovamento dell’iconografia religiosa contrapponendo ad una visione ideale uno sguardo attuale e realistico. Emerge qui l’uso sapiente che Caravaggio fa di luci e ombre per modellare i volumi e sottolineare le componenti drammatiche.
Con le prime opere monumentali si osserva il passaggio dal primo stile romano luminoso e chiaro alla nuova maniera del “tenebroso”; riportiamo come esempio la Crocifissione di san Pietro del 1600-1601 oggi a Santa Maria del Popolo a Roma.
A partire dal 1600 Caravaggio ebbe più volte a che fare con la giustizia, tanto che nel 1606 fu costretto a fuggire da Roma accusato di omicidio a seguito di una rissa. Non era però raro che ci fossero scontri tra gli artisti a quell’epoca e il nuovo modo d’intendere la pittura sacra da parte di Caravaggio suscitò infinite polemiche nell’ambiente artistico romano e la sua ribellione artistica fu in qualche modo condannata. Come detto, alcune opere dell’artista lombardo vennero rifiutate. Tra tutte citiamo la “Morte della Madonna” del 1605, dove lo sconcerto fu provocato principalmente dal fatto che per rappresentare il corpo morto della Vergine il Caravaggio usò come modello il cadavere di una donna del popolo ritrovata annegata.
Anche nella successiva “Cena in Emmaus” il pittore ribadisce la rappresentazione del soprannaturale come realtà tangibile quotidiana, sconvolgendo un sistema accettato e codificato.
Dopo la fuga da Roma vennero per Caravaggio quattro anni di convulsi spostamenti ricchi di produzioni artistiche. In particolare a Napoli, città tipicamente popolaresca, il successo del pittore fu talmente grande da far nascere la prima scuola caravaggesca.
Verso la fine venne per Caravaggio il desiderio di resurrezione e grazia, tema affrontato nei dipinti e talmente forte da spingerlo fino a Malta, desideroso di entrare nell’Ordine dei Cavalieri. Il soggiorno maltese durò fino a quando non arrivò anche lì la notizia delle accuse che pendevano sul capo del pittore che fu così di nuovo costretto alla fuga.
Si spostò in Sicilia e tra il 1608 e il 1609 fu a Messina, Catania e Palermo dove grazie ad un vecchio amico, Marco Minniti, riuscì a trovare delle committenze.
Il lavoro qui fu veloce e inquieto; Caravaggio infatti temeva costantemente per la sua vita. Lasciata quindi la Sicilia, tornò a Napoli, ospitato dalla Marchesa Costanza Colonna. Comunque irrequieto, il pittore partì per la Toscana, in cerca della grazia del Papa Paolo V; s’imbarcò per Porto d’Ercole e venne nuovamente, ma per errore, arrestato. Una volta rilasciato provò a recuperare i suoi beni nel disperato tentativo di ottenere misericordia in cambio di una tela. Neppure quarantenne, morì di febbre e stenti sulla spiaggia di Porto d’Ercole nel luglio 1610 senza mai sapere che il Papa gli aveva già concesso la tanto agognata salvezza.
Daisy Viviani