Lo scatto del 1984 di Steve McCurry (Filadelfia, 23 aprile 1950), intitolata semplicemente “ragazza afgana” è il ritratto di un’orfana dodicenne Sharbat Gula, nata nel 1972 e rifugiata in un campo profughi di Peshawar, in Pakistan.
Dopo la pubblicazione sulla copertina della rivista National Geographic Magazine del giugno del 1985, grazie al suo espressione del viso ed i suoi occhi di ghiaccio, resero la fotografia immediatamente celebre in tutto il mondo; una sorta di simbolo dei conflitti afgani degli anni ottanta. Il suo sguardo è indubbiamente uno dei più famosi del mondo.
Il giornalista e scrittore Massimo Gramellini scrisse: “Questo volto è parte del patrimonio di immagini con cui siamo cresciuti, che apparve sul National Geographic nel giugno del 1985 e divenne un pò la Monnalisa del nostro secolo. L’abbiamo chiamata la ragazza afgana, la ragazza dagli occhi verdi. Steve McCurry l’aveva scovata in Pakistan in un campo di rifugiati sotto un tendone che fungeva da scuola. Era una bambina di dodici anni in quella famosissima foto. Si chiama Sharbat ed è scappata dall’Afghanistan a sei anni con la nonna e il fratello più piccolo dopo che entrambi i suoi genitori erano morti sotto le bombe degli invasori sovietici. Accettò di posare per McCurry a condizione che non le venisse chiesto di sorridere perché, secondo le regole della sua tribù, una femmina che concede confidenze agli sconosciuti deve essere punita quindi lei rimase seria. Grazie a questo scatto, Sharbat realizzò il sogno di tantissime adolescenti: diventare famosa in tutto il mondo, ma con un piccolo particolare: che lei ignorava di esserlo perché nel suo campo profughi ovviamente non c’erano i media occidentali. Vent’anni dopo il grande fotografo ritorna a Peshawar con un obbiettivo, quello di ritrovare la sua modella più famosa. Non sapeva neanche come si chiamasse ma, facendo vedere la foto, lo portano finalmente in un campo profughi dove la ritrova. La riconosce dagli occhi e dalle labbra. Per tutto il resto purtroppo era passata una vita piuttosto dura. Sono passati altri dodici anni dalla seconda foto. Adesso Sharbat ha superato i quaranta e pochi giorni fa in una bacheca di Peshawar, è apparsa una sua terza immagine. È una foto segnaletica della polizia pakisana che ha denunciato l’ex ragazza afgana per avere falsificato i documenti suoi e dei suoi figli nel tentativo disperato di ottenere finalmemte, dopo quarant’anni, la cittadinanza pakistana che le consentirebbe di avere diritto ad una casa e ad aprire un conto in banca, abbandonando la baracca in cui vive sempre. Ha detto: “Non ho trascorso un solo giorno della mia vita, a parte forse quello del mio matrimonio, in cui mi sia sentita felice e al sicuro”.
E qui mi domando sommessamente se qualche istituzione internazionale non sia in grado di offrire a questa icona del nostro tempo, alla Monnalisa del 2000, un rifugio dignitoso ai suoi figli e, se mi permettete, anche per i suoi occhi.”