L’ABITO NON FA IL MONACO

Ricordo di aver letto : “…l’abito non fa il monaco…guerrieri travestiti da frati…l’abito qualche importanza ce l’ha…non è che lo (Grillo !) vogliamo in giacca…può anche essere un maglione (Marchionne ?)…”
Ritengo che, molto più di quanto si possa pensare, l’abito faccia il monaco poiché la prima impressione risulta, spesso, soverchiare la lucidità di giudizio dei singoli ed, in secondo luogo, la convinzione che il monaco rappresenti una figura esemplare è suscettibile di verifica.
L’abito, esegesi della mente umana e ricognizioni storico-religiose a parte, rientra, ad uso e consumo della circostanza specifica, in programmi di tutela dell’economia nazionale.
Cambiare d’abito, nel senso stretto del termine, è operazione semplice, collegata alle individuali disponibilità finanziarie, al proprio gusto personale ed ad un’offerta, oggi, vasta e varia .
Si va dal prodotto cinese all’autarchico prodotto italiano, rischi di salute e di difformità nel primo caso, durata e miglior vestibilità nel secondo .
L’inganno, tuttavia e sopratutto per chi è poco competente, è in agguato ma, per la fortuna collettiva, si può registrare l’intervento degli esperti, i quali, dopo una laboriosa analisi, hanno annunciato la soluzione e suggerito la costituzione di organismi preposti alla sorveglianza della soluzione stessa .
Il rimedio consiste nella tracciabilità del prodotto attraverso un’etichetta parlante dove campeggia la scritta “MADE IN ITALY”, un ossimoro in piena regola .
La difesa del luogo di produzione è stata, in parte, affidata ad una locuzione appartenente ad un terzo concorrente proprio come affidare i propri risparmi ad un ladro conclamato .
Cambiare con la più coerente espressione “PRODOTTO IN ITALIA” significherebbe creare confusione mercantile e ostacolare interessi che, per definizione, è preferibile non ostacolare .
E’, quindi, più accettabile un ruolo subordinato e, con questo, la rinuncia a maggiori possibilità di combattere le contraffazioni .
L’Italia è depositaria, in tutti i campi dell’agire umano, di una storica e continua creatività geniale ma sta venendo meno l’orgoglio di appartenenza, un atteggiamento sulla cui proliferazione non influisce la cosiddetta globalizzazione bensì il poco lungimirante desiderio di rapido arricchimento .
Il marchio più famoso al mondo è un marchio italiano, è quello della Ferrari .
Enzo Ferrari, il fondatore, a chi (principi, attori, industriali, direttori d’orchestra, dittatori, ricchi gaudenti, sportivi), si recava, quasi in pellegrinaggio, a Maranello per acquistare una delle sue automobili, usava sussurrare : “…bisogna meritarsela…” .
Il mito che, nonostante i tentavi nichilistici di una dirigenza irriconoscente, si è rivelato inossidabile ed insuperabile è figlio di un positivo atteggiamento campanilistico che, in alcune circostanze, ha sfiorato l’eroico autolesionismo .

Giorgio de Prizio.