Chi non ricorda quei dischetti neri, piccoli e fragili che giravano per le mani dei giovani fino a qualche anno fa? Ormai sono un piccolo ricordo schiacciato dalla tecnologia moderna. Si chiama 45 giri perchè gira 45 giri al minuto. E’ la caratteristica dei dischi in vinile di formato 7 pollici, 18 centimetri. Fa parte del momento storico in cui il business discografico compie il grande balzo in avanti. Grazie ai 45 giri, la musica passa dalle migliaia ai milioni di ascoltatori.
Furono poi introdotti sul mercato dischi a 45 giri con diametri diversi, fra cui i più conosciuti sono i maxi-singoli con diametro 12 pollici, 30 centimetri.
Nel 1948, il 45 giri, un policarbonato di vinile, sostituisce la vecchia gommalacca.
Negli Stati Uniti, la Columbia Records la introduce per prima. Il formato necessita una testina di lettura diversa, per ascoltarli con un giradischi tradizionale, è necessario utilizzare un adattatore del perno.
Il 45 giri si diffonde rapidamente anche grazie ai nuovi modelli di juke box. In Italia si afferma negli anni cinquanta e raggiunge il massimo della diffusione fra il 1964 e il 1970.
I 45 giri, stampati quasi sempre da entrambi i lati, possono contenere due brani, ciascuno della durata massima di circa 4 minuti. Verso la fine degli anni settanta, i 45 giri perdono quote di mercato con l’uscita di “long playing 33 giri” e delle musicassette.
Andrea Carraro