Bob Marley, l’anima musicale dello spirito rasta

“Get up, stand up, stand up for your rights”, era cantata da Robert Nesta Marley, noto come Bob Marley (Nine Mile, 6 febbraio 1945 – Miami, 11 maggio 1981), cantautore, chitarrista e attivista giamaicano, in una delle sue più celebri canzoni, spingendo la popolazione sottomessa a ribellarsi ai soprusi, all’emarginazione e alle ingiustizie della società. Nonostante l’icona di Marley sia stata deformata spesso nel simbolo della liberalizzazione della marijuana, l’anima profonda della sua musica assume sfumature profondamente religiose e sociali. Un messaggio di giustizia, ribellione e di fratellanza musicato in stile reggae, del quale oggi Bob Marley è considerato il più famoso esponente musicale. Nato a Nine Mile (Giamaica) nel 1945 da madre nera e padre bianco, Marley fu spesso oggetto di pregiudizi razziali, a causa delle origini miste. Il trasferimento a Trenchtown segnò particolarmente la sua esperienza: qui entrò in contatto con i gravi problemi di disadattamento, di ribellione e rifiuto di una società marginale, fortemente vissuti in questo ghetto di Kingston. L’esordio nel mondo della musica risale al 1961 quando Marley conobbe Neville O’Riley Livingston che lo introdusse alla musica e al canto, avvicinandolo alla musica religiosa e al Rhythm and Blues. Conobbe anche Joe Higgs, devoto al Rastafarianesimo e suo mentore, e Peter Tosh, con il quale nel 1963 (insieme a Livingston, J. Braithwaite, B. Kelso e B. Smith) fondò un gruppo che alcuni anni dopo prese il nome di “The Wailers”. Nella nuova veste di leader del gruppo, pubblicò il primo singolo, Simmer Down, che consacrò subito i “The Wailers” nel contesto musicale giamaicano. Un importante cambiamento avvenne nel 1967 quando Marley si convertì dal cristianesimo al rastafarianesimo, evento che influenzò la sua immagine pubblica e i contenuti delle canzoni. Nel 1973 il gruppo pubblicò il primo album, Catch a fire, che riscontrò subito l’apprezzamento del pubblico, su scala mondiale. Nell’anno successivo l’album Burnin’ confermò le aspettative: i singoli I shot the Sheriff e Get up, stand up balzarono ai vertici delle classifiche, anche se questo non fu sufficiente ad evitare lo scioglimento dei “The Wailers”, avvenuto nello stesso anno. Nella nuova carriera solista, Marley mantenne il nome di “Bob Marley & The Wailers”, facendosi accompagnare da nuovi musicisti e dal supporto corale delle “I Threes, delle quali faceva parte tra l’altro la moglie, Rita Anderson. La nuova posizione solista determinò il vero successo di Marley il quale raggiunse i vertici delle classifiche internazionali (1975) con la sua più celebre canzone, “No woman no cry”. Trasferitosi in Gran Bretagna, qui pubblicò l’album “Exodus” (1976) contenente l’omonimo singolo, oltre a Jammin’, One love e Waiting in vain. La sua storia personale fu segnata dall’attacco subito al “Smile Jamaica” (1976), quando, considerato un sostenitore del primo ministro Manley, in un contesto di forte tensione politica, fu colpito, insieme alla moglie e al manager Taylor, riportando ferite. L’anno successivo, al concerto “One love peace concert”, organizzato a favore della ristabilizzazione della pace politica in Giamaica, Marley riuscì a fare incontrare sul palco i due politi rivali, inneggiando alla pace tra le parti.                                                                                     L’interesse per gli emarginati influenzò gran parte dell’album “Survival” (1979), dove i pezzi Africa unite, Survival e Zimbawe illustrano tutta la comprensione per la sofferenza delle popolazioni africane. Nell’anno precedente (1978), non a caso, gli fu conferita la medaglia della pace dalle Nazioni Unite, a nome degli africani. Dai toni più religiosi e intimisti fu il successivo Uprising (1980), contenente la celebre Redemption song. Nel 1977 gli fu diagnosticato un melanoma maligno successivamente diffusosi in tutto il corpo.                                                                   Dopo una fortunata tournée in Europa (1980) e alcuni concerti negli Usa Bob Marley fu ricoverato per un infarto, avvenuto mentre praticava jogging. Dopo un ultimo concerto a Pittsburgh (settembre 1980), morì l’11 maggio 1981. In onore di Marley, furono svolti funerali di stato e, un mese dopo, fu riconosciuto del Jamaican Order of Merit. Oggi Bob Marley è considerato non solo il simbolo della musica reggae, ma soprattutto l’icona della lotta degli emarginati contro l’oppressione, per un mondo aperto all’uguaglianza e alla libertà dei popoli. Libertà, fratellanza, unità, spiritualità: la musica dello spirito, una religione.

La sua visione dell’amore e della donna…


Federica Gennari