Giorgio Gaberscik, noto come Giorgio Gaber (Milano, 25 gennaio 1939 – Montemagno di Camaiore, 1º gennaio 2003), iniziò a suonare la chitarra da adolescente, per curare il braccio sinistro colpito da paralisi. Conseguito il diploma in ragioneria, frequenta la facoltà di Economia e Commercio alla Bocconi: si paga gli studi grazie ai compensi ottenuti al Santa Tecla, locale di Milano dove organizza serate; qui conosce Adriano Celentano, Enzo Jannacci e Mogol.
Quest’ultimo gli organizza un’audizione alla Ricordi: è lo stesso proprietario della casa discografica a proporgli di incidere un album.
Inizia così la brillante carriera con “Ciao, ti dirò”, scritta assieme a Luigi Tenco; negli anni successivi escono le indimenticabili “Non arrossire”, “Le nostre serate”, “Le strade di notte”, “Il Riccardo”, “La ballata del Cerruti”, “Torpedo blu”, “Barbera e champagne”.
Sposa la compagna Ombretta Colli nel 1965: partecipa anche a quattro edizioni del Festival di Sanremo, presentando i brani “Benzina e cerini” (1961), “Così felice” (1964), “Mai mai mai Valentina” (1966), “E allora dai” (1967); conduce inoltre vari spettacoli televisivi, mentre durante l’edizione 1969 di “Canzonissima” propone “Com’è bella la città”, uno dei pezzi che lascia intravedere il successivo cambio di stile.
Nel medesimo periodo, il Piccolo Teatro di Milano gli offre la possibilità di allestire un recital, “Il signor G”, primo di una lunga serie di spettacoli musicali che trasportano lo spettatore in un’atmosfera sociale, politica, d’amore, di sofferenza e speranza: tutto ciò condito da un’ironia personalissima, che smuove risate e pure la coscienza.
«Credo che il pubblico mi riconosca una certa onestà intellettuale-dichiarerà Gaber in proposito-. Non sono né un filosofo né un politico, ma una persona che si sforza di restituire le percezioni, gli umori, i segnali che avverte nell’aria.»
L’artista torna poi al mercato discografico ufficiale con il cd “La mia generazione ha perso” (2001), che include il singolo anticipatore “Destra-Sinistra”: ironico, ricco di graffianti insinuazioni, è decisamente attuale, visto il periodo pre-elettorale in cui esce.
Scompare nella sua villa di Montemagno, a Versilia, il 1° gennaio 2003, all’età di 63 anni: si era recato là per trascorrere il Natale accanto alla moglie e alla figlia Dalia.
Di seguito, un breve elenco dei lavori migliori di Gaber:
– Far finta di essere sani (1972)
– Libertà obbligatoria” (1976)
– Polli d’allevamento (1978)
– Pressione bassa (1980)
– Il grigio (1989)
– E pensare che c’era il pensiero (1995)
– Un’idiozia conquistata a fatica (1998)
– Io non mi sento italiano (2003). Quasi una sorta di testamento per i giovani, uscito qualche settimana dopo la sua morte.
Gabriele Fagioli