Dalla megalopoli di Sydney al cuore selvaggio dell’Australia: il Giro del Mondo in 80 giorni si apre a nuovi scenari e nel cinquantesimo giorno di viaggio si avventura nell’outback del Parco Nazionale di Uluru-Kata, fino a raggiungere la grande mole di Ayers Rock (Uluru). L’impressione che deriva dalla visione questo grande masso ha in sé qualcosa di magico: l’osmosi con l’ambiente fa sì che la grande pietra rossa assuma colorazioni in continuo mutamento, con tinte che variano dall’ocra al viola, a seconda dell’ora e della stagione. Questa spettacolare interazione atmosferica deriva dalla composizione minerale della roccia, composta prevalentemente da ferro e feldspati: i secondi, in particolare, hanno la proprietà di riflettere la luce, vestendo il massiccio dei caldi colori dell’ambiente. La formazione rocciosa di Ayers Rock domina prepotentemente il paesaggio pianeggiante che la circonda, ergendosi per un’altezza di 320 metri: la mole compatta del massiccio (di circa 8 chilometri di circonferenza) se mostra apparentemente una superficie dura e liscia, in realtà si presenta punteggiata di caverne, sorgenti e pozze, nate dall’erosione della roccia. Oltre a fenomeni naturali, anche la mano dell’uomo è intervenuta sul monolito, decorandolo con pitture a soggetto sacro: non dobbiamo dimenticare, infatti, che Ayers Rock è anzitutto un importante luogo sacro per gli aborigeni che risiedono in alcune comunità prossime al sito. Secondo la tradizione locale, queste formazioni rocciose si legano all’antica mitologia di antichissime creature ancestrali che hanno lasciato traccia di sé attraverso queste straordinarie sculture naturali che, magicamente, conservano l’essenza di quegli esseri-giganti che le hanno modellate. Le buche e le caverne che caratterizzano il massiccio vengono spiegate come le buche scavate dalla mitologica “Lucertola rossa”, in disperata ricerca del suo boomerang perduto. Molti altri racconti avvolgono la sacralità di Ayers Rock e tutti vogliono dare un’origine sacra ai caratteri del massiccio, ricordandone la storia attraverso le illustrazioni dipinte sulle pareti, alcune delle quali risalgono a migliaia di anni fa. La fondamentale importanza rituale della roccia nella tradizione aborigena ha fatto sì che negli anni siano state imposte precise regole e limitazioni per i turisti: una di queste vorrebbe assolutamente vietare la scalata del massiccio, un’attività molto apprezzata dai turisti giunti ad Ayers Rock. Quest’esperienza, oltre ad essere pericolosa per la superficie eccessivamente liscia del monolito (e costantemente irraggiata dal sole), non rispetta soprattutto la sacralità del luogo, riducendolo a meta sportiva. Gli scatti che si possono trarre da questo straordinario luogo immortalano scenari davvero suggestivi dai toni morbidamente caldi, che paiono accendere la magia ancestrale del massiccio. Ad una ventina di chilometri da qui ci aspettano i Monti Kata Tjuta, grandi formazioni rocciose della medesima età e composizione di Uluru: un’occasione per cogliere al meglio l’interazione tra i colori del tramonto australiano e i minerali dei monoliti, risplendenti sotto il tocco dei raggi del sole.
Tarcisio Agliardi e Federica Gennari