Il 1900 registra tra le altre cose, l’anno di nascita del grande Eduardo De Filippo.
Drammaturgo, attore, regista e poeta, nasce a Napoli nel maggio del ‘900 e già a quattro anni interpreta il ruolo di giapponesino sul palco.
Vive in una sorta di famiglia allargata poichè suo padre naturale, Edoardo Scarpetta, non può riconoscerlo e pertanto la madre, Luisa De Filippo (una sarta teatrale) darà il cognome a lui e agli altri tre fratelli (Titina e Peppino De Filippo) nati dalla relazione extraconiugale di Edoardo Scarpetta.
Il piccolo Edoardo viene messo in collegio e a 14 anni entra stabilmente nella compagnia teatrale : si ricongiunge così alla sorella Titina, a Peppino e al fratellastro Vincenzo Scarpetta, titolare della Compagnia. Presta il servizio militare nei Bersaglieri, a Trastevere, e anche qui è incaricato di scrivere e recitare testi teatrali: tutta la vita di Eduardo è dedicata alle scene e, tra un teatro e l’altro, conosce Totò e ne diviene grande amico.
Si appassiona al tema della pazzia nei vari mascheramenti, studia e rappresenta le opere di Luigi Pirandello. Al 1925 risale la morte del padre ed Edoardo matura l’idea di mettersi in proprio, vuole abbandonare il provincialismo e fare il salto di qualità: rappresentare opere scritte e dirette da lui stesso. Dopo diversi tentativi, i tre fratelli De Filippo sono insieme nella Compagnia I De Filippo. Riscuotono successo a Roma, Milano e al prestigioso Kursaal di Napoli.
Siamo ormai al giugno del 1931, Edoardo presenta a Napoli il suo Atto Unico “Natale in casa Cupiello”: è un tale successo che viene replicato, contrariamente al contratto che prevedeva solo nove giorni di lavoro, fino al maggio ’32. Edoardo aggiunge altri due Atti a quello che era inizialmente un Atto Unico: è la versione definitiva che tuttora viene rappresentata in tutto il mondo.
Conosce casualmente Pirandello, ne rappresenta il berretto a sonagli e Liolà, collabora con Vittorio De Sica per il quale inventa personaggi portati in scena da Sofia Loren e Marcello Mastroianni (Matrimonio all’italiana, Tempi nostri e Napoli milionaria con Totò).
Acquista e restaura il teatro settecentesco S. Ferdinando di Napoli, investe tutti i suoi guadagni per costituire la Casa dell’Attore e adotta il napoletano parlato come lingua per le sue rappresentazioni: vuole così elevare il dialetto campano a lingua ufficiale.
Al 1980 risale la nomina a Senatore a vita grazie a Sandro Pertini ma meno di vent’anni addietro aveva vinto il Premio Feltrinelli per Il Sindaco del rione Sanità ed il Premio Pirandello per Gli esami non finiscono mai (da non trascurare le due lauree Honoris Causa, a Birmingham e a Roma).
Eduardo si spegne a Roma il 31 ottobre 1984 ed il suo corpo mortale è sepolto al Verano; la sua ultima rappresentazione risale allo stesso anno 1984: è l’indimenticabile Maestro del libro “Cuore” di Edmondo De Amicis, sceneggiato diretto da Luigi Comencini.
Le donne rappresentate da Eduardo sono nelle quattro mura domestiche, hanno il ruolo di sposa e madre, angeli del focolare ma lui ne registra i cambiamenti dell’epoca: sono donne forti, consapevoli, che fanno infinite rinunce per l’equilibrio del microcosmo di cui sono a capo. Sono donne così forti che riescono ad anticipare i tempi, anche contro il mondo circostante, anche contro l’inetto marito che si ostina ad essere sognatore: Luca Cupiello continua a fare il Presepe anche quando tutto gli crolla attorno. Sua moglie Concetta, anche contro la plateale irresponsabilità del partner, è invece buona amministratrice dell’economia domestica ed è depositaria della privacy dei figli, che infatti le confidano i loro segreti.
Eduardo, con Natale in casa Cupiello (1931) evidenzia la crisi e la precarietà della famiglia, una situazione post-unitaria in quanto non più plebe né classe operaia ma neppure una famiglia della piccola borghesia: sono semplicemente una parte del popolo, sono il simbolo di un nucleo che sta perdendo il contatto con la realtà e per questo i rapporti sono malati.
Non è un caso che il sipario si apra sulla camera di Luca e Concetta, come non è un caso il lento risveglio di lui né che, al Terzo ed ultimo Atto, la scena riprenda proprio dalla stessa camera: a Luca è preso un colpo apoplettico. La stanza da letto è il centro di tutto e dal quale tutto si muove, il Terzo Atto suggella quindi il Primo e lo conferma.
Ma Luca, paradossalmente, tanto è lontano e distante dalla realtà, quanto più diventa figura centrale e prevalente nell’opera, e la commedia si trasforma nella tragedia di Luca Cupiello, che non è l’eroe (in quanto non è dotato di superiorità carismatica) ma incarna la figura di antieroe.
Luca non capisce cosa sta accadendo, forse perché deve sfuggire alla situazione di disperazione che pure ha intuito (quella di sua figlia Ninuccia).
E’ un continuo alternarsi di ruoli: il loro figlio Tommasino, nonostante sia ormai adulto, dorme in camera con i genitori; questo però non deve far pensare ad una condizione di sudditanza ma anzi a quella di una famiglia che ormai vive ai margini della società (le immaginette sacre sul comò, i lumini, lo scialle di Donna Concetta e la presenza dello zio Pasquale che convive con loro).
Anche il Presepe ha un valore metaforico: è il simbolo di un altro mondo, lontano e al di fuori di tutti gli altri che non siano Luca stesso; il subentro dell’albero di Natale che soppianta la rappresentazione della Natività palesa il fallito tentativo di Luca di imporlo a tutti gli altri componenti della famiglia. Il Presepe dunque come metafora di una realtà statica, immaginaria, forse assurda, tanto quanto Luca che si ostina non solo a perpetuarlo ogni anno (ogni anno è un castigo di Dio, dice Concetta) ma a ricostruirlo quando Ninuccia lo distrugge. Il Presepe è il simbolo di quanto attorno a Luca si stia disfacendo.
Anche Ninuccia, come il giovane Tommasino, è uno spirito ribelle ed è figlia del suo tempo: sfida e rifiuta sia la sua famiglia di origine che quella che ha composto con il ricco Nicolino. Le donne del teatro di Eduardo sono in via di emancipazione e lottano per conquistare uno spazio nello strapotere degli uomini.
Allo stesso modo, Filumena Marturano è l’emblema della donna del mondo contemporaneo, una donna che viene valutata 3 soldi ma che ugualmente pretende i suoi diritti; sfida questo mondo a braccia conserte se non con i pugni sui fianchi, e non disconosce i suoi figli -frutto della colpa- . E’ una donna che avanza e pretende a voce alta la sua volontà.
I fije so’ fije : questo è il leit-motiv di Filumena e non svelerà mai al compagno, Domenico Soriano, quale dei tre è figlio suo.
“Lo sforzo disperato che compie l’uomo nel tentativo di dare alla vita un qualsiasi significato è Teatro” (Da un manoscritto di Eduardo)
Preziosa Salvi