Bernardo Bertolucci (Parma, 16 Marzo 1941 – Roma, 26 novembre 2018), è un regista, sceneggiatore e produttore cinematografico italiano. Poco più che ventenne dunque è già un regista affermato. E’ il figlio del celebre poeta e critico letterario Attilio Bertolucci. Si trasferisce, da giovane, a Roma con la famiglia, e si iscrive alla Facoltà di Lettere Moderne e si dedica alla poesia, seguendo le orme del padre.
Nel 1962 vince il Premio Viareggio Opera Prima per il libro in versi “In cerca del mistero”, ma l’amore per il cinema nonostante questo primo successo letterario riemerge con prepotenza.
Così nello stesso anno Bernardo Bertolucci abbandona l’università, la penna e le rime per lavorare come assistente alla regia in “Accattone”, il primo film di quel grandissimo personaggio che fu Pier Paolo Pasolini, allora amico e vicino di casa della famiglia Bertolucci.
Nel 1963, il giovane Bernardo scalpita e non vede l’ora di firmare finalmente una regia tutta sua: l’anno successivo debutta dietro la macchina da presa grazie all’interessamento del produttore Tonino Cervi, che gli affida la realizzazione di un soggetto di Pasolini, “La commare secca”.
Nel 1964 realizza il suo secondo film “Prima della rivoluzione” e più tardi collabora con Sergio Leone alla sceneggiatura di “C’era una volta il West”.
Dopo “Partner”, con “La strategia del ragno” inizia la sua straordinaria collaborazione con il mago della fotografia Vittorio Storaro. E’ l’inizio degli anni ’70 e Bertolucci, anche grazie al successivo “Il conformista”, guadagna la fama internazionale nonché la prima nomination all’Oscar per la migliore sceneggiatura.
Nel 1972 è la volta di “Ultimo tango a Parigi” con Marlon Brando, l’ormai celebre pellicola-scandalo diventata sinonimo di censura. Il film va incontro ad opposizioni fortissime: viene ritirato dalle sale cinematografiche e mandato addirittura al rogo con una sentenza della Cassazione. Ne viene salvata solo una copia allo scopo di essere depositata in cineteca, grazie all’intervento del Presidente della Repubblica. Bertolucci viene condannato a due mesi di prigione e privato del diritto di voto per cinque anni per aver portato sullo schermo una vicenda immorale.
“Ultimo tango a Parigi” verrà “riabilitato” solo nel 1987. Inutile dire che si è trattato senz’altro di un clamore esagerato che non ha fatto altro, in fin dei conti, che acentuare la curiosità verso questo film che molti giudicano un capolavoro e che molti altri, com’è naturale, ridimensionano come un classico prodotto dell’epoca post-contestazione.
Uscito da questa dura esperienza, da questo confronto spietato con la morale comune, nel 1976 il regista parmense si dedica al kolossal e realizza quel grande capolavoro che è “Novecento”, epica storica e sociale che ripercorre i primi quarantacinque anni del secolo attraverso il rapporto tra due ragazzi di differenti classi sociali. Nel cast compaiono future star come Robert De Niro, Gérard Dépardieu e Stefania Sandrelli al fianco di giganti già affermati come Burt Lancaster e Donald Sutherland.
I film successivi, “La luna” e “La tragedia di un uomo ridicolo”, che non incontrano il favore del pubblico e della critica, conducono comunque Bertolucci verso il suo più clamoroso successo, girato tra mille difficoltà per gli enormi finanziamenti richiesti: il film è “L’ultimo imperatore”, pellicola che ricostruisce la vita di Pu Yi, ultimo imperatore cinese.
Il film conquista il pubblico e la critica, ottiene 9 premi Oscar (regia, sceneggiatura non originale, fotografia, montaggio, musica, scenografia, costumi e sonoro) ed è il primo e unico film italiano a ricevere il premio per la miglior regia, nonché l’unica pellicola nella storia di Hollywood a ricevere tutti gli Oscar per la quale è candidata.
In Italia “L’ultimo imperatore” vince 9 David di Donatello e 4 Nastri d’Argento, in Francia riceve il César per il miglior film straniero.
Realizza altre due superproduzioni d’autore: “Il tè nel deserto“, tratto dal romanzo-culto di Paul Bowles e girato tra il Marocco e l’Algeria (amara vicenda che racconta l’agonia di un amore) e “Piccolo Buddha”, viaggio nel profondo Tibet e nel cuore di una delle più affascinanti religioni orientali.
Nel 1996 Bertolucci torna a girare in Italia, precisamente in Toscana, e realizza “Io ballo da sola”, commedia apparentemente leggera sulla crescita e la giovinezza dove si mescolano però continuamente amore e morte, temi sempre presenti e inseparabili nei suoi film.
Due anni dopo, è la volta de “L’assedio”, lavoro che la critica ha definito un “inno al cinema”.
Sempre carico di idee e di progetti Bertolucci si impegnato nell’attività di produttore. Nel 2000 ha prodotto e firmato la sceneggiatura de “Il trionfo dell’amore”, diretto da sua moglie Clare Peploe e, nel 2001, è comparso nel film di Laura Betti “Pier Paolo Pasolini: La ragione di un sogno”, dedicato al grande maestro di entrambi questi artisti.
Bertolucci ha rivisitato le tematiche del ’68 e della contestazione giovanile nel contrastatissimo “The dreamers”, vincitore della Palma d’Oro al festival di Cannes. Per molti si tratta di un altro capolavoro, per altri solo un’operazione nostalgica di un periodo abbellito e idealizzato dalla memoria del regista. “The Dreamers” è in realtà il racconto d’una iniziazione alla vita, sulla scorta del romanzo “The holy innocents” di Gilbert Adair, autore anche della sceneggiatura.
Andrea Carraro