GIan Galeazzo Ciano, conte di Cortellazzo e Buccari, (Livorno, 18 marzo del 1903 – 11 gennaio del 1944), è stato un diplomatico, uomo politico, è passato alla storia per essere stato uno dei personaggi più influenti del ventennio fascista e per aver sposato Edda, la figlia di Benito Mussolini.
La sua giovinezza è all’insegna della disciplina, orientata ai dettami della patria e dell’onore, valori trasmessi da suo padre Ammiraglio Costanzo Ciano, medaglia d’onore nella Prima Guerra Mondiale. Proprio nel periodo bellico, in cui Galeazzo è ancora un ragazzo, mentre suo padre è in guerra, la famiglia deve trasferirsi prima a Genova e poi a Venezia. Qui, intorno al 1920, a guerra ormai conclusa, Galeazzo ottiene la maturità classica e incomincia ad interessarsi soprattutto al giornalismo, passione che non abbandona anche durante gli anni di governo, diventando anzi il capoufficio stampa del Regime.
Il 1921 è una data importante per Galeazzo Ciano. Si iscrive al partito fascista e, spinto anche dagli impegni paterni, si trasferisce a Roma. Sono gli anni dell’Università e il giovane intellettuale livornese fa pratica da giornalista in diverse testate, come “Nuovo Paese”, “La Tribuna” e “L’Impero”. Si interessa di teatro, scrive alcuni drammi, ma senza successo. Nel 1922 partecipa con le milizie fasciste alla “Marcia su Roma”. Tre anni dopo, nel 1925, laureatosi in giurisprudenza presso l’Università capitolina, decide definitivamente di entrare in politica, rifiutando la carriera di avvocato.
Il Duce gli affida alcuni incarichi all’estero, prima a Rio de Janeiro, in qualità di viceconsole, e poi a Buenos Aires. Nel 1927 invece, in veste di Segretario di legazione, viene inviato a Pechino. Da questo momento in poi, Galeazzo Ciano comincia a legare la propria fortuna anche alla relazione che intrattiene con Edda Mussolini, ritagliandosi spazio e considerazione all’interno del Gran Consiglio Fascista. Nel 1930 è nominato console generale a Shanghai. Sempre in questo stesso anno pertanto, si lega definitivamente al Duce, sposando Edda e diventando uno degli uomini più importanti del Regime.
Tornato definitivamente in Italia nel giugno del 1933, è tra i componenti della delegazione italiana alla Conferenza economica di Londra, con ormai un seggio fisso all’interno del Gran Consiglio Fascista. Nello stesso anno viene nominato Capo dell’ufficio stampa della Presidenza del Consiglio, curando personalmente la promozione e la vigilanza su stampa, editoria, radio e cinema. Da qui al ministero il passo è breve e Galeazzo Ciano riesce ad ottenerlo solo due anni dopo, intuendo le grandi potenzialità della propaganda di Stato e trasformando quindi, quello che era un semplice sottosegretariato, in un vero e proprio Ministero.
Sono però questi gli anni della Campagna d’Africa, in cui l’Italia fascista si prepara a dare vita all’Impero, almeno nelle intenzioni di Benito Mussolini. Ciano intuisce che il momento è propizio e, all’occorrenza, non lesina la sua generosità, partecipando come volontario della quindicesima squadriglia di bombardieri detta “La Disperata” allo scoppio della guerra in Etiopia, nel 1935. Per i suoi meriti, viene decorato con due medaglie d’argento al valore di guerra e, al suo ritorno, riceve l’incarico di ministro per gli affari esteri, esattamente nel 1936. Galeazzo ha trentatré anni ed è, forse questo, il suo momento più esaltante, in termini di carriera politica e diplomatica. L’influenza che ha sul Duce, lo testimonia. Da lui viene nominato, sempre nel 1936, Conte di Cortellazzo, e incaricato di gestire i rapporti con la Germania, curando gli interessi italiani nella zona del Danubio e dei Balcani e sostenendo al politica imperialista nel Mediterraneo.
Durante questi incontri in terra tedesca, Ciano si fa portavoce ed esecutore di una evidente scelta di campo. Dal 21 al 23 ottobre del 1936 infatti, a colloquio con il parigrado tedesco von Neurath, nella località di Berchtesgaden, Galeazzo Ciano consegna praticamente nelle mani di Hitler, con una prassi inusitata in diplomazia, un dossier antitedesco preparato dal ministro degli esteri inglese Anthony Eden per il suo gabinetto e inviato a Roma dall’ambasciatore Dino Grandi. In quell’occasione, esattamente il 22 ottobre del 1936, Ciano e Neurath concordano un atteggiamento comune riguardo alla Spagna e agli aiuti ai patrioti Franchisti, coinvolti nella guerra civile proprio in quel preciso anno.
Sono questi gli anni in cui Ciano cerca anche di ritagliarsi un proprio spazio di libertà all’interno del Regime, forte anche della sua posizione di parente stretto del Duce. Si ritiene un dissidente all’interno del Gran Consiglio, con una propria autonomia, ma secondo molti a partire da questo periodo fino al culmine del 1939, non fa altro che eseguire passivamente i voleri del suocero. L’invasione dell’Albania, che di fatto segna l’ingresso dell’Italia al fianco della Germania e del Giappone nella Seconda Guerra Mondiale, è il chiaro esito di questa sottomissione del Conte di Cortellazzo ai dettami di Mussolini, in questo momento al culmine della sua popolarità. Eppure, pur dopo aver firmato il 22 maggio del 1939 con il ministro Ribbentrop il “Patto d’Acciaio” tra l’Italia e la Germania, Ciano dimostra proprio in questo periodo una certa diffidenza nei riguardi di Hitler e della sua politica, manifestandola anche al Duce e riuscendo, anche se solo per breve tempo, a convincerlo a dichiarare lo stato di “non-belligeranza”. La neutralità italiana però, lascia il tempo che trova.
Ben presto Ciano deve preparare una sua offensiva in Grecia. L’Italia, di fatto, è entrata in guerra ed è al fianco della Germania, contro quegli imperi definiti all’epoca dalla nomenclatura fascista come plutocratici, ossia l’Inghilterra e la Francia. Nella riunione del 15 ottobre del 1940 Ciano, insieme a Mussolini e ai generali Badoglio, Soddu, Jacomoni, Roatta e Visconti Prasca, mette a punto i particolari dell’offensiva greca. L’operazione fallisce in poco tempo e si rivela una disfatta, segnando definitivamente la politica e la guerra italiana come pienamente dipendente dai voleri e dalle forze tedesche.
Tutto il 1942 si rivela un anno di assoluta dipendenza da parte dell’Italia alla Germania e, dunque, anche da parte del ministro Ciano. Pur partecipando a tutti i summit bilaterali, il genero di Mussolini non prende mai una decisione univoca, nel pieno dei propri poteri. Nel febbraio del 1943, nel corso del sesto governo Mussolini, viene sollevato dall’incarico di ministro e nominato ambasciatore presso la Santa Sede. È l’inizio del capitolare degli eventi bellici, che porta alla fine del Regime e in cui Galeazzo Ciano si rivela sempre più un oppositore di Mussolini e, soprattutto, del totale asservimento italiano alla Germania. Questa, d’altro canto, comincia ad incassare sonore sconfitte in campo militare, anche con l’ingresso delle nuove forze alleate, gli Stati Uniti su tutti.
Nella seduta del Gran Consiglio del 24 luglio 1943 poi, Ciano vota l’ordine del giorno proposto da Grandi e inteso, praticamente, a sfiduciare Mussolini. Il Regime cade e l’ex ministro degli esteri si rifugia in Germania. È la fine, praticamente, anche per lui. Anche se non se ne rende pienamente conto.
Colto alla sprovvista dal colpo di stato del generale Badoglio, chiede aiuto proprio ai tedeschi con il fine di ottenere un passaporto con un permesso per la Spagna, dove gli era stato assicurato asilo politico. Dopo l’armistizio di Cassibile e la successiva costituzione della Repubblica Sociale di Salò, il nome di Galeazzo Ciano viene incluso nella lista dei traditori. In questi giorni di tumulto, la moglie Edda Ciano Mussolini cerca di intercedere per il marito, ma con poca fortuna.
Il 19 ottobre Ciano viene trasferito da Monaco a Verona, consegnato alla polizia di Salò e rinchiuso nel carcere degli Scalzi. Nonostante altri vani tentativi da parte di Edda, la mattina dell’11 gennaio del 1944 Ciano viene fucilato alla schiena nel poligono di tiro della fortezza di San Procolo, a Verona, dove muore. L’accusa è quella di Alto tradimento in occasione della firma della mozione presentata da Grandi nel suo ordine del giorno, mirata di fatto a spodestare Benito Mussolini.
Francesco Murini