GIORGIO DE CHIRICO, LA NUOVA SPIRITUALITA’ DELLA PITTURA

“un grande maestro che non ha seguaci. Non raccoglie mai suffragi unanimi. Impensierisce perché si situa al di fuori del presente. Impedisce che intorno a lui si lascino cristallizzare certezze, opinioni mode pericolose”. (Alain Jouffroy)

Giorgio De Chirico (Volos, 10 luglio 1888 – Roma, 20 novembre 1978), pittore e scrittore italiano, fu uno dei principale esponente della corrente artistica della pittura metafisica.
Il secondo di tre fratelli, è figlio di un ingegnere ferroviario e di una nobildonna genovese. Perde la sorella
 Adele ancora in tenera età, e insieme al fratello mostra una forte sensibilità artistica: Giorgio sente la passione per la pittura mentre Andrea quella per la musica, che con gli anni si è dimostrato uno degli artisti più versatili della storia italiana. Infatti si dedicò ai più svariati campi dell’arte con lo pseudonimo di Alberto Savinio. E’ autore di fondamentali romanzi del Novecento italiano come “Hermaphrodito” o “Ascolto il tuo cuore, città” e “Narrate uomini la vostra storia”. 
Negli stessi anni, Giorgio, appoggiato dal padre nella passione per l’arte, prende le prime lezioni di disegno dal pittore greco Mavrudis, per poi si iscriverai all’Istituto Politecnico di Atene che frequenterà per un periodo di due anni.
– Nel 1905, muore il padre, grande sostenitore delle sue inclinazioni artisctiche. La morte del padre fu un duro colpo che nella sua futura maturità pittorica rappresenterà con commozione la figura e il bel rapporto.
Ormai, solo con la madre e il fratello, si trasferisce a Monaco per continuare gli studi. Qui conosce e viene attratto dal disegno grafico e visionario di Alfred Kubin. Ma oltre all’arte, si interessa anche alla letteratura e alla filosofia di cui comincia a leggerne alcuni esponenti fondamentali. In particolare rimane affascinato dal pensiero di Schopenhauer, di Nietzsche e di Weininger, opera che lui considera una vera e propria “metafisica del sesso”, il cui scopo è quello di gettare le basi per l’avvento di una nuova spiritualità; tutti questi elementi assumono un’importanza radicale nella poetica dell’artista, un bagaglio culturale che si percepisce nel dipinto “La battaglia dei Centauri e dei Lapiti”.
– Nel 1910, torna in Italia con la madre, prima a Milano poi a Firenze; Andrea invece parte per Parigi. A Firenze Giorgio assimila il classico di Giotto e della pittura primitiva toscana, orientandosi verso un disegno ricco di impianti prospettici e di costruzioni a ad archi. Dopo Firenze, si reca a Torino, città che è stata la dimora degli ultimi anni di Nietzsche.
Nell periodo Torinese si notano, sul piano artistico, le prime impronte stilistiche del De Chirico. L’artista arriva alla conclusione di; “creare sensazioni sconosciute in passato; spogliare l’arte dal comune e dall’accettato… sopprimere completamente l’uomo quale guida o come mezzo per esprimere dei simboli, delle sensazioni, dei pensieri, liberare la pittura una volta per tutte dall’antropomorfismo… vedere ogni cosa, anche l’uomo, nella sua qualità di cosa”. Un manifesto condensato della pittura Metafisica, che in questa fase, sul piano delle produzioni, appare solo abbozzata.
Dopo la sua permanenza a Torino raggiunse il fratello a Parigi dove riceve gli apprezzamenti di un altro “outsider“, Guillaume Apollinaire. Grazie al fratello viene presentato anche a Pierre Laprade, membro della giuria del Salon d’Automne, per il quale espone tre opere: “Enigma dell’Oracolo”, “Enigma di un pomeriggio” e “Autoritratto”. Nello stesso anno, durante una sua esposizione di altre tre sue opere al Salon des Indépendants viene notato da Pablo Picasso grazie al quale stringe amicizia con Brancusi, Braque, Jacob, Soffici, Léger e André Derain. Apollinaire organizza per lui una mostra di trenta opere e recensisce De Chirico su “L’ intransigeant” utilizzando il termine “metafisico”.
– Nel 1915, scoppia la Prima Guerra Mondiale, Giorgio e Andrea rientrano in Italia per arruolarsi nell’esercito: Andrea parte per la Grecia mentre Giorgio viene ricoverato per disturbi nervosi all’ospedale psichiatrico di Ferrara dove resterà fino alla fine della guerra. Il paesaggio di Ferrara è fondamentale per la definitiva impronta metafisica dell’artista, in cui prende corpo il suo peculiare stile caratterizzato da gli scenari irreali e misteriosi, all’insegna di una solitudine sospesa e allucinatoria. In questo periodo, le sue opere rappresentano semplici piazze, dove si materializzano oggetti che vivono di una luce propria, estrapolati dalla dimensione banale e utilitaria dell’esistenza rivivono nel quadro come segni assoluti di memoria e nello spazio mentale del quadro si assemblano con lo stesso non senso in cui si vive la realtà del sogno: l’unica che può giustificare la riduzione dell’uomo a cosa, a manichino, a statua di marmo, a silhouette, privi di qualsiasi identità che non sia la pura apparizione metafisica.
– Nel 1916, a Ferrara, dipinge i suoi celebri “Ettore e Andromaca” e “Le Muse inquietanti”: conosce Filippo De Pisis ed inizia una corrispondenza con Carrà, che conoscerà durante il ricovero. Carrà, affascinato dal mondo poetico e dai temi artistici di De Chirico, dipinge una serie di opere di chiara matrice metafisica. Di questa opera ne parla la rivista “Valori Plastici” diretta da Mario Broglio; intanto André Breton ne parla in modo entusiasta sulla rivista francese “Littérature”; incidendo quindi, di riflesso, sul gusto dei pittori surrealisti.
– Nel 1935, ormai un artista conosciuto e molto apprezzato, viene chiamato negli Stati Uniti dove rimane un anno con la compagna Isabella Far, a cui resterà legatoper tutta la vita.
– Nel 1937, gli impegni lo costringono a spostarsi tra Milano, Parigi, Londra, Firenze, Torino e Roma dove espone per la seconda volta alla Quadriennale.
– Nel 1945, pubblicherà “Commedia dell’arte moderna” e “Memorie della mia vita”. Due anni dopo si stabilisce definitivamente a Roma in Piazza di Spagna.
Anche all’età avanzata, continua a dipingere con grande passione: “Per le emulsioni e il mio olio emplastico, che possano dare alla materia della mia pittura sempre maggiore trasparenza e densità, sempre maggior splendore e fluidità, io mi perdo in sogni bizzarri davanti allo spettacolo della mia pittura e mi sprofondo in riflessioni sulla scienza della pittura e sul grande mistero dell’arte”.
– Nel 1969, viene pubblicato il primo catalogo delle sue opere grafiche.
– Nel 1970, espone al Palazzo Reale di Milano.
– Nel 1972, espone a New York. Nello stesso anno Parigi lo nomina membro dell’Accademia di Belle Arti e gli dedica un esposizione; qui parlerà ancora una volta della sua pittura confrontando quella del periodo metafisico che definirà “Pittura inventata e poetica” da quella successiva “La vera pittura, la pittura di qualità, la pittura realista”. Dichiarerà di seguire la tecnica dei maestri del Rinascimento pur restando “indipendente”.
Giorgio De Chirico muore a Roma il 20 novembre 1978, onorato dai critici di tutto il mondo. La sua arte, questo è certo, rimarrà consacrata nell’Olimpo dei maestri dell’arte del ‘900.

Nausica Baroni