Nel 2010, una sua scultura di bronzo, “L’Homme Qui Marche I – l’uomo che cammina” del 1960, ha detenuto il record per il prezzo di acquisto di un’opera d’arte, “non pittura”, per più di $. 100.000.000.
Alberto Giacometti (Borgonovo di Stampa, 10 ottobre 1901 – Coira, 11 gennaio 1966) è stato uno scultore, pittore e stampatore svizzero, celebre per le sue esili e filiformi figure umane.
La sua formazione artistica, dopo gli insegnamenti del papà Giovanni, pittore neo-impressionista e suo primo insegnante, frequentò l’École des Beaux-Arts e l’École des Arts et Metiers a Ginevra.
Nel 1921, dopo un’infanzia felice, si trasferì a Roma per studiare i grandi maestri del passato. I familiari lo incoraggiarono in tutti i modi impressionati dal suo enorme talento già pienamente manifestatosi in giovane età. Durante i suoi studi solitari si appassiona all’opera dei classici come Jacopo Tintoretto e di Giotto con un forte interesse anche per molti suoi contemporanei come Pablo Picasso.
Nel 1922, si trasferì a Parigi per seguire i corsi dello scultore Antoine Bourdelle, sperimentando in parte il metodo cubista. La vita di questo artista coscienzioso e all’avanguardia non può essere stato facile, tant’è vero che, dopo aver aperto uno studio con il fratello, Diego Giacometti, suo assistente fino alla morte, per vivere non disdegna di progettare anche mobili e oggetti d’arredo. Nella sua incessante ricerca Alberto Giacometti non poteva trascurare il nascente Surrealismo, che insieme ad altri artisti connazionali residenti nella capitale francese condivise le simpatie per questo movimento.
Dal 1927, comincia dunque ad esporre al Salon des Tuileries le sue prime sculture surrealiste. Il successo finalmente bussa alla sua porta, dandogli l’occasione di entrare in un giro più prestigioso che gli permette di venire a contatto con personalità straordinarie artistiche come Joan Mirò e Pablo Picasso o scrittori come Prévert, Georges Bataille e Queneau. Nasce fra l’altro un forte sodalizio con Andrè Breton, il fondatore del movimento surrealista, per il quale scrive e disegna sulla rivista “Il surrealismo al servizio della rivoluzione”.
Ma Giacometti avverte anche l’esigenza di tornare sul tema della “rassomiglianza assoluta” e, dopo la morte del padre, nel 1933, si chiude in un periodo di una nuova formazione. Dal 1935 fino al 1940 si concentra nello studio della testa, partendo dallo sguardo, sede del pensiero. Cerca anche di disegnare figure intere, nel tentativo di cogliere l’identità dei singoli esseri umani con un solo colpo d’occhio.
Nel 1946, dopo gli anni della seconda guerra mondiale trascorsi a Ginevra, ritornò a Parigi dal fratello Diego, dove intraprese una nuova fase artistica durante la quale le statue si allungano e le loro membra si stendono in uno spazio che le contiene e le completa.
Nel 1962, riceve il Gran Premio della scultura alla Biennale di Venezia. Gli ultimi anni sono all’insegna di un’attività frenetica e di un susseguirsi di grandi mostre in tutta Europa. Nel 1965, pur gravemente malato si recò a New York per la sua mostra al Museum of Modern Art.
Come ultimo lavoro prepara il testo per il libro “Parigi senza fine”, una sequenza di 150 litografie in cui scorrono le memorie di tutti i luoghi vissuti.
Alberto Giacometti si spegne l’11 gennaio 1966 e la sua tomba si trova nella sua città natale, Borgonovo, vicino a quella dei genitori.
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Davide Zahedi