LA CRISI DEI MISSILI DI CUBA

Nell’estate del 1962, decine di navi sovietiche arrivarono a Cuba cariche di materiale militare per costruire rampe e missili. Il controspionaggio USA avvertì subito la Casa Bianca dell’arrivo ma allora presidente degli Stati Uniti, John Fitzgerard Kennedy, d’accordo con il suo staff decise di mantenere il silenzio.
Il governo dell’Unione Sovietica, il cui Segretario del Comitato Centrale era Nikita Sergeevič Chruščëv, decise una strategia missilistica per avvicinare i missili con testate nucleari alla costa della California in modo tale da avere una diretta minaccia contro gli americani. Infatti, i missili partendo da Cuba potevano raggiungere Washington in meno di 20 minuti e avevano un raggio di azione di gittata media di circa 1.600 km, cosa che metteva in pericolo molte basi americane che potevano essere colpite senza avere il tempo per organizzare una diffesa. 

Quando il presidente John Fitzgerard Kennedy pubblicizzò apertamente la crisi, il mondo intero entrò in uno stato di terrore. La gente iniziò a parlare e preoccuparsi apertamente di un’apocalisse nucleare, ed esercitazioni per una tale emergenza si tennero quasi quotidianamente in molte città.
Il generale Curtis LeMay, Capo di stato maggiore dell’aviazione degli Stati Uniti, disse: Attacchiamo e distruggiamo completamente Cuba.
Mentre gli ufficiali discussero varie altre opzioni:

  • bombardamento immediato delle postazioni
  • appello alle Nazioni Unite per fermare l’installazione
  • blocco navale
  • invasione di Cuba.

Il bombardamento immediato venne subito scartato, così come un appello alle Nazioni Unite, che avrebbe portato via molto tempo. La scelta venne ridotta a un blocco navale e un ultimatum, o ad una invasione generale di Cuba. Venne scelto infine il blocco navale, anche se molti continuarono a spingere per un’azione più dura. Comunque, l’invasione venne pianificata e le truppe vennero radunate in Florida anche se con 40.000 soldati sovietici a Cuba, completi di armi nucleari tattiche, il successo dell’invasione non poteva certamente essere garantito.
Ci furono diverse questioni legate al blocco navale. C’era il problema della legalità, come fece notare Fidel Castro, mentre non c’era nulla di illegale per le installazioni dei missili che minacciavano gli Stati Uniti. Da tempo gli stessi tipi di missili erano puntati verso l’URSS, posizionati in Gran Bretagna, Italia e Turchia.
La reazione sovietica al blocco avrebbe potuto far esplodere un conflitto molto dannoso. 
La crisi dei missili di Cuba, considerato uno dei momenti più critici della Guerra Fredda, fu sostanzialmente un confronto tra USA e URSS che rischiò di fare esplodere la terza guerra mondiale. La crisi iniziò il 15 ottobre 1962 e durò tredici giorni, dopo la loro scoperta il 14 ottobre, da parte di un aereo americano U2, in volo da ricognizione sopra il territorio cubano. Dopo giorni di tensione, Chruščëv, vista la fermezza di Washington e di John Fitzgerald Kennedy, ordinò il ritiro dei missili in cambio della promessa di non invasione dell’isola e del ritiro dei missili Jupiter installati nelle basi di Turchia e Italia, avvenuto sei mesi più tardi.
John Fitzgerard Kennedy, il 35° presidente degli Stati Uniti, parlò al popolo statunitense e al governo sovietico, in un discorso televisivo del 22 ottobre, dove confermò la presenza dei missili a Cuba ed annunciò che era stata imposta una quarantena di 800 miglia attorno alla costa cubana, sottolineando che i militari “erano preparati per ogni eventualità”. Il caso venne confermato il 25 ottobre, in una sessione d’emergenza dell’ONU, quando l’ambasciatore statunitense Adlai Stevenson II mostrò fotografie delle installazioni missilistiche sovietiche a Cuba, realtà che l’ambasciatore sovietico Zorin ne aveva negato l’esistenza. Il 23 e 24 ottobre, Chruščëv inviò delle lettere a Kennedy, sostenendo le intenzioni pacifiche dell’Unione Sovietica. I cubani, invece, avevano un conto aperto con gli americani perché nell’aprile del 1961 avevano subito un attacco di terra da cubani in esilio, addestrati e sostenuti dalla CIA. Tale attacco, l’invasione della Baia dei Porci, durò tre giorni e finì con la sconfitta degli esuli e la vittoria dell’esercito cubano. 
Negli anni seguenti Fidel Castro dichiarò che i missili erano 140 e che chiese al leader sovietico di utilizzarli contro l’America. Ma fotunatamente Chruščëv non accolse la richiesta del leader cubano e continò a mantenere una linea di dialogo con Kennedy che a sua volta non ascoltò fortunatamente il suo Stato maggiore che gli chiedeva di ordinare un’operazione militare per colpire le basi missilistiche cubane distruggendo tutti i missili.
La crisi dei missili di Cuba che si concluse il 27 ottobre 1962, con diverse interpretazioni. Sicuramente fu una vittoria di Kennedy che dimostrò la debolezza sovietica e l’intenzione a non volere arrivare ad una guerra atomica. Il presidente americano perse la considerazione di molti militari, anche del suo staff, che avrebbero voluto vedere risolta la situazione di Cuba in modo drastico anche perché c’erano forti sospetti, in seguito rivelatisi veri, che nell’isola ci fossero altri missili con testate nucleari.


David Zahedi