“L’altro è sempre infinitamente meno importante dell’io ma sono gli altri che fanno la storia”. (Lettera a Giovanna Bemporad, 1947)
All’epoca, il suo rapporto con l’omosessualità era stato al centro del suo personaggio pubblico.
Pier Paolo Pasolini (Bologna, 5 marzo 1922 – Lido di Ostia, 2 novembre 1975), considerato uno dei maggiori artisti e intellettuali italiani del XX secolo, si era distinto in numerosi campi, lasciando contributi importanti come poeta, romanziere, drammaturgo, linguista, giornalista e cineasta.
Primogenito di Carlo Alberto Pasolini, tenente di fanteria, e di Susanna Colussi, maestra elementare, vive con la madre un rapporto di simbiosi, mentre vi erano dei contrasti con il padre.
Pasolini fu un attento osservatore delle trasformazioni sociali del dopo seconda guerra mondiale sino alla metà degli anni settanta, suscitando spesso forti polemiche e accesi dibattiti per la radicalità dei suoi giudizi per abitudini borghesi e della nascente società del consumismo italiano.
Di se stesso ha detto: “Sono nato in una famiglia tipicamente rappresentativa della societa’ italiana: un vero prodotto dell’incrocio… Un prodotto dell’unita’ d’Italia. Mio padre discendeva da un’antica famiglia nobile della Romagna, mia madre, al contrario, viene da una famiglia di contadini friulani che si sono a poco a poco innalzati, col tempo, alla condizione piccolo-borghese. Dalla parte di mio nonno materno erano del ramo della distilleria. La madre di mia madre era piemontese, cio’ non le impedi’ affatto di avere egualmente legami con la Sicilia e la regione di Roma”.
– Nel 1925, nacque il fratello Guidalberto (Belluno, 4 ottobre 1925 – Bosco Romagno, 12 febbraio 1945). Guido vive in una sorta di venerazione per il fratello maggiore, ammirazione che lo accompagnerà fino al giorno della sua morte.
– Nel 1928, l’anno del suo esordio poetico, inizia ad annotare su un quadernetto una serie di poesie accompagnate da disegni. Il quadernetto andrà poi perduto durante la guerra. Negli anni del liceo dà vita, insieme a Luciano Serra, Franco Farolfi, Ermes Parini e Fabio Mauri, ad un gruppo letterario per la discussione di poesie. Termina il liceo a soli 17 anni e si iscrive alla facolta di lettere all’Università di Bologna, dove collaborò con “Il Setaccio”, il periodico del GIL bolognese. In questo periodo iniziò a scrivere le poesie in friulano e in italiano, che saranno raccolte in un primo volume, “Poesie a Casarsa”. Poi, partecipa inoltre alla nascita di un’altra rivista, “Stroligut”, e con altri amici letterati friulani crea l’ “Academiuta di lenga frulana”.
Nelle sue opere la scelta dell’uso del dialetto era un tentativo di privare la Chiesa dell’egemonia culturale sulle masse, tentando di portare a sinistra un approfondimento della cultura.
Con lo scoppia la seconda guerra mondiale, venne arruolato sotto le armi a Livorno e, nel 1943, all’indomani dell’8 settembre si rifiutò di consegnare le armi ai tedeschi e fuggì. Dopo vari spostamenti in Italia torna nella sua Casarsa. La famiglia Pasolini decise di recarsi a Versuta, luogo meno esposto ala guerra, dove inziò a insegnare ai ragazzi dei primi anni del ginnasio.
Ma un avvenimento che segnò quegli anni fu la morte del suo fratello Guidalberto, un aggregato della divisione partigiana “Osoppo”. I Pasolini seppero della sua morte e delle circostanze solo a guerra terminata. La morte di Guidalberto ebbe effetti devastanti sulla famiglia Pasolini, soprattutto per la madre. Fu così che il rapporto tra Pier Paolo e la madre divenne ancora più stretto,.
– Nel 1945, Pasolini si laurea e si stabilisce definitivamente in Friuli, dove iniziò a lavorare come insegnante in una scuola media di Valvassone, in provincia di Udine.
Quelli sono anche gli anni in cui comincia la sua militanza politica. Nel 1947 si avvicina al PCI, scrivendo per il settimanale del partito “Lotta e lavoro”. Divenne segretario della sezione di San Giovanni di Casarsa, ma non venne visto di buon occhio nel partito e, soprattutto, dagli intellettuali comunisti friulani, per le sue scelte linguistiche: infatti, gli intellettuali “organici” scrivono servendosi della lingua del novecento, mentre Pasolini scrive con la lingua del popolo con la massima semplicità. Agli occhi di molti tutto questo risultava inammisibile: molti comunisti vedevano in lui il disinteresse per il realismo socialista e un’eccessiva attenzione per la cultura borghese. Questo fu il suo unico periodo in cui si era impegnato attivamente nella lotta politica, anni in cui scriveva e disegnava manifesti di protesta contro il costituito potere demoscristiano.
– Il 15 ottobre del 1949 venne sconvolta la sua vita. Venne segnalato ai Carabinieri di Cordovado per corruzione di minorenne: fu l’inizio di una delicata ed umiliante trafila giudiziaria che cambiò per sempre la sua vita. Dopo questo processo molti altri ne seguirono. Si trova proiettato nel giro di qualche giorno in un baratro apparentemente senza uscita. La risonanza dei fatti fu immensa. Era un periodo di contrapposizioni molto aspre tra la sinistra e la DC, e Pier Paolo Pasolini per posizione intellettuale comunista e anticlericale rappresentò un bersaglio ideale.
Davanti ai carabinieri cercò di giustificare quei fatti, confermando le accuse, come un’esperienza eccezionale, una sorta di sbandamento intellettuale: Tutto ciò peggiorò la sua posizione: venne espulso dal PCI, perse il posto di insegnante, e si incrinò momentaneamente il rapporto con la madre. Decise allora di lasciare Casarsa, il suo Friuli spesso mitizzato, trasferendosi insieme alla madre a Roma. I primi anni romani furono dificilissimi, proiettato in una realtà completamente diversa e inedita. Furono per lui tempi di grande insicurezza, di povertà e di solitudine.
Non chiese mai aiuto ai letterati che conosceva e cercò di trovarsi un lavoro da solo. Si avvicinò al mondo del cinema, ottenendo la parte di generico in Cinecittà. Fece il correttore di bozze e vendette i suoi libri nelle bancarelle rionali. Infine, grazie al poeta il lingua abbruzzese Vittori Clemente trovò lavoro come insegnante in una scuola di Ciampino.
In questi anni romani, nelle sue opere letterarie trasferì la mitizzazione delle campagne friulane vista da una disordinata borgata romana, quello che era il centro della storia. Quello fu il periodo da cui prese spunto per un doloroso processo di crescita, scaturendo così il mito del sottoproletariato romano. Preparò le antologie sulla poesia dialettale; collabora con “Paragone”, una rivista d’arte di Anna Banti e Roberto Longhi. Proprio su “Paragone”, pubblicò la prima versione del primo capitolo di “Ragazzi di vita”. Angioletti lo volle nella sezione letteraria del giornale radio, accanto a Carlo Emilio Gadda, Leone Piccioni e Giulio Cartaneo.
– Nel 1954, abbandona l’insegnamento e si stabiì a Monteverde Vecchio. Pubblicò il suo primo importante volume di poesie dialettali: “La meglio gioventu'”.
– Nel 1955, venne pubblicato da Garzanti il romanzo “Ragazzi di vita”, che ottiene un vasto successo, sia di critica che di lettori. Il giudizio della cultura ufficiale della sinistra, e in particolare del PCI, fu però piuttosto negativo. Il libro venne definito intriso di “gusto morboso, dello sporco, dell’abbietto, dello scomposto, del torbido..” Fernando Tambroni, il 9° Presidente del Consiglio, promosse un’azione giudiziaria contro Pasolini e Livio Garzanti. Il processo da’ luogo all’assoluzione “perche’ il fatto non costituisce reato”.
Il libro, dopo un anno, venne dissequestrato e rimesso di nuovo nelle librerie. Ma Pier Paolo Pasolini comunque divenne uno dei bersagli preferiti dai giornali di cronaca nera; venne accusato di reati al limite del grottesco: favoreggiamento per rissa e furto; rapina a mano armata ai danni di un bar limitrofo a un distributore di benzina a S. Felice Circeo e tant’altro.
La sua passione per il cinema lo tenne comunque molto impegnato. Nel 1957, con Sergio Citti, collaborò al film di Federico Fellini, “Le notti di Cabiria”, stendendone i dialoghi nella parlata romana. Firmò anche alcune sceneggiature insieme a Bolognini, Rosi, Vancini e Lizzani, col quale esordì come attore nel film “Il gobbo” del 1960. Negli stessi anni collaborò anche con la rivista “Officina” accanto a Leonetti, Roversi, Fortini, Romano’, Scalia. Sempre nel 1957 pubblicò i poemetti “Le ceneri di Gramsci” per Garzanti e, nel 1958, l’anno successivo, per Longanesi, “L’usignolo della Chiesa cattolica”.
– Nel 1960, Garzanti pubblicò i saggi “Passione e ideologia”, e nel 1961 un altro volume in versi “La religione del mio tempo”. Sempre nel 1961 diresse “Accattone”, il suo primo film da regista e soggettista. Il film venne vietato ai minorenni e suscitò, come da copione, non poche polemiche alla XXII mostra del cinema di Venezia.
– Nel 1962, realizzò sempre come regista “Mamma Roma” e nel 1963 l’episodio “La ricotta”, che venne sequestrato e Pasolini fu imputato per reato di vilipendio alla religione dello Stato.
– Nel 1964 diresse “Il vangelo secondo Matteo”; nel 1965 “Uccellacci e Uccellini”, nel 1967 “Edipo re”; nel 1968 “Teorema”; nel 1969 “Porcile”; nel 1970 “Medea” con Maria Callas; tra il 1970 e il 1974 la triologia della vita, o del sesso, ovvero “Il Decameron”, “I racconti di Canterbury” e “Il fiore delle mille e una notte”; per concludere col suo ultimo “Salo’ o le 120 giornate di Sodoma” del 1975.
Il cinema lo portò a fare numerosi viaggi all’estero: nel 1961 andò, con Elsa Morante (Roma, 18 agosto 1912 – Roma, 25 novembre 1985) e Alberto Moravia (Roma, 28 novembre 1907 – Roma, 26 settembre 1990), in India; nel 1962 in Kenia e Sudan; nel 1963 in Ghana, Nigeria, Guinea, Israele e Giordania, dove nacque il documentario dal titolo “Sopralluoghi in Palestina”.
– Nel 1966, in occasione per la presentazione di “Accattone” e “Mamma Roma” al festival di New York, fece il suo primo viaggio negli Stati Uniti; rimase molto colpito, soprattutto da New York.
– Nel 1968, si recò di nuovo in India per girare un altro documentario.
– Nel 1970, tornò in Africa: in Uganda e Tanzania per il documentario “Appunti per un’Orestiade africana”.
– Nel 1972, presso Garzanti, pubblicò i suoi interventi critici, soprattutto di critica cinematografica, nel volume “Empirismo eretico”.
Non dobbiamo dimenticare il clima che si respirava in quegli anni, quello della contestazione studentesca. Pasolini assunse anche in questo caso una posizione originale rispetto al resto della cultura di sinistra. Pur accettando e appoggiando le motivazioni ideologiche degli studenti, ritenendo che questi siano antropologicamente dei borghesi destinati, in quanto tali, a fallire nelle loro aspirazioni rivoluzionarie.
Tornando ai fatti riguardanti la produzione artistica, nel 1968 ritirò dalla competizione del Premio Strega il suo romanzo “Teorema” e accettò di partecipare alla XXIX mostra del cinema di Venezia solo dopo che, come gli venne garantito, non ci sarabbero stati votazioni e premiazioni. Pasolini fu tra i maggiori sostenitori dell’Associazione Autori Cinematografici che si batte per ottenere l’autogestione della mostra. Il 4 settembre il film “Teorema” venne proiettato per la critica in un clima arroventato. L’autore intervenne alla proiezione del film per ribadire che il film era presente alla Mostra solo per volontà del produttore ma, in quanto autore, pregò i critici di abbandonare la sala, richiesta che non viene minimamente rispettata. La conseguenza è che Pasolini si rifiutò di partecipare alla tradizionale conferenza stampa, invitando i giornalisti nel giardino di un albergo per parlare non del film, ma della situazione della Biennale.
– Nel 1972, decise di collaborare con i giovani di Lotta Continua, ed insieme ad alcuni di loro, tra cui Bonfanti e Fofi, firmò il documentario 12 dicembre.
– Nel 1973, iniziò la sua collaborazione al “Corriere della sera”, con interventi critici sui problemi del paese. Nello stesso anno, presso Garzanti, pubblicò la raccolta di interventi critici “Scritti corsari”, e ripropose le poesia friulana in una forma del tutto peculiare sotto il titolo di “La nuova gioventu'”.
La mattina del 2 novembre 1975, sul litorale romane ad Ostia, in un campo incolto in via dell’idroscalo, una donna, scoprì il cadavere di Pier Paolo Pasolini che venne riconosciuto da Ninetto Davoli. Nella notte i carabinieri avevano fermato un giovane, Giuseppe Pelosi (Roma, 28 giugno 1958), alla guida della macchina di Pasolini, mentre guidava contromano sul lungomare di Ostia.
Pelosi confessò subito l’omicidio, sicuro di un’assoluzione per legittima difesa a dei presunti soprusi e minacce di Pasolini. Il processo che ne segue portò alla luce retroscena inquietanti e Pelosi venne riconosciuto colpevole; il 26 aprile 1979 venne condannato definitivamente dalla Corte di Cassazione a nove anni e sette mesi di reclusione per l’omicidio volontario in concorso con ignoti.
L’omicidio fu commesso da un “ragazzo di vita”, di diciassette anni, che si dichiarò subito colpevole. Raccontò di essere stato avvicinato da Pasolini nelle vicinanze della Stazione Termini, e invitato, dietro la promessa di un compenso in denaro, a salire sulla sua vettura, un’Alfa Romeo 2000 GT Veloce. Dopo la cena offerta dallo scrittore, i due si diressero alla periferia di Ostia, dove il poeta avrebbe tentato un approccio sessuale con il ragazzo, e vedendosi respinto, avrebbe reagito violentemente: da qui, partì la reazione del ragazzo..
Sulla sua morte, Alberto Moravia disse: “La sua fine è stata al tempo stesso simile alla sua opera e dissimile da lui. Simile perché egli ne aveva già descritto, nella sua opera, le modalità squallide e atroci, dissimile perché egli non era uno dei suoi personaggi, bensì una figura centrale della nostra cultura, un poeta che aveva segnato un’epoca, un regista geniale, un saggista inesauribile”.
David Zahedi