GUERCINO

Tra i più importanti esponenti del Barocco italiano, mantenendo costante il richiamo con Ludovico Carracci, ci fu Giovanni Francesco Barbieri, meglio noto come “Il Guercino” (Cento, 2 febbraio 1591 – Bologna, 22 dicembre 1666), sopranome che gli fu dato sin dalla tenera età per il difetto dell’occhio strabico. Nato a Cento, vicino a Ferrara l’8 Febbraio 1591, manifestò già dall’età di sei anni un talento e una propensione per il disegno che il padre decise di assecondare e rafforzare permettendogli nel corso degli anni la formazione nelle botteghe di diversi pittori noti dell’epoca. Il Guercino studiò presso Benedetto Gennari Senior a Cento, Paolo Zagnoni e Giovan Battista Cremonini a Bologna, ed è proprio nella città di Bologna che i suoi studi furono maggiormente proficui, grazie alla possibilità di poter ammirare opere di rilievo come quelle di Ludovico Carracci. La profonda impronta che diede alla pittura barocca è stata certamente segnata dall’impianto illusionistico che riuscì a creare nei suoi affreschi. Pittore dall’instancabile produzione, raggiunse la fama necessaria che gli permise di fondare a Cento nel 1617 una scuola di pittura che divenne celebre come “Accademia del Nudo”. Tra i capolavori, intorno al 1617 , realizzò “Susanna e i Vecchioni”, (Olio su Tavola cm. 175 x 207) oggi conservata al Museo del Prado di Madrid. Opera dalla straordinaria qualità narrativa in cui si esalta il contrasto tra i due contadini imbestialiti dal desiderio e il candido incarnato della giovane donna, la figlia del padrone, che nella sua eterea e sensuale morbidezza esalta le menti abbruttite dal lavoro nei campi dei lavoratori. Nel 1621 l’Artista si recò a Roma , in un soggiorno che dura meno di due anni, dove decorò il Casino del Monte, una piccola villa che prenderà poi il nome di Casino Ludovisi , poichè acquistata dal Cardinale Ludovico Ludovisi, che commissionò al Barbieri la decorazione della sala centrale al pianterreno, in cui raffigurò “L’Aurora” (Tempera a secco) rappresentata come giovane Dea trainata da un carro con due cavalli, in cui la composizione viene concepita come se non ci fosse più un soffitto, dando l’illusione allo spettatore del carro in movimento direttamente sopra l’edificio. L’altra imponente rappresentazione della pittura guercinesca raggiunge il suo apice nel 1623 con l’esecuzione pittorica del ” Il Seppellimento di Santa Petronilla”(Olio su Tela cm. 720 x 423) situata oggi nei Musei Capitolini, Palazzo dei Conservatori a Roma, fu realizzata per la la Basilica di San Pietro; trasferita poi al Palazzo del Quirinale, fu requisita dalle truppe napoleoniche e portata a Parigi, nelMuseo di Louvre. Fu riportata in Italia da Antonio Canova e collocata nei Musei Capitolini nel 1818. Si tratta di un’ enorme pala rappresentante la figlia di San Pietro, in un insieme di figure sapientemente disposte e bilanciate in una nuova forza coloristica. Dopo la morte del Papa Gregorio XV , sfumati i progetti di decorazione in San Pietro, il Guercino rientra a Cento. La pittura guercinesca muta nel corso del tempo, in uno stile definito “prima maniera”, “seconda maniera” e “terza maniera”. Nonostante la fama raggiunta, egli rimane sempre un paesano, un provinciale e benché ricevette numerosi inviti per corti prestigiose in Inghilterra e in Francia, decide di non spostarsi dalla sua terra, preferendo come unico amore la pittura a cui dedica tutto, rinunciando anche alla possibilità di prendere moglie, per mantenersi libero da qualsiasi vincolo. In questa fase realizza opere le cui composizioni stilistiche, l’impianto cromatico e lo stile classicheggiante sono influenzati dal Domenichino e da Guido Reni. Nel 1625 dipinge “ La Presentazione di Gesù al Tempio” ; nel 1626 a Piacenza esegue gli affreschi della cupola del Duomo. Nel periodo più tardo della sua pittura, quello della “terza maniera”, dipinge per la regina Maria di Francia “La Morte di Didone”, opera del 1631 custodita oggi alla Galleria Spada a Roma; alla morte dell’acerrimo rivale Guido Reni, lascia Cento per trasferirsi a Bologna, ereditando la fama di pittore indiscusso. Tra le opere più rilevanti la pala d’altare del 1647 “La visione di san Bruno”, in cui il santo nella desolazione del deserto ha la visione della Madonna con il Bambino. Alla morte del fratello Paolo Antonio nel 1649, anch’egli pittore, nonché convivente, seguì un periodo di depressione. Andarono a vivere con lui a quel punto la sorella Lucia e il cognato Ercole Gennari, anch’egli pittore, che andò a sostituire in tutte le attività di collaborazione il fratello scomparso. La mole di lavoro del Barbieri subisce un rallentamento attorno al 1661 a causa di un infarto, muore il 22 Dicembre 1666 all’età di 74 anni.
Grazie anche agli approfonditi studi e la ricerca condotta da Sir Denis Mahon, l’Artista, sottovalutato per decenni, oggi ha acquisito il giusto riconoscimento non solo storico-artistico, ma anche economico, con importanti risultati d’asta: nel 2011 la Casa d’Aste Dorotheum aggiudicò “Davide con la Testa di Golia” (Olio su tela – cm. 120 x 100) attribuita a Guercino e bottega, per 421.300 euro nei confronti di una stima di 150-200mila €, uno dei risultati più alti tra gli antichi maestri proposti in quell’Asta.

 

Tamara Follesa