Gustav Klimt (Vienna, 14 luglio 1862 – Neubau, 6 febbraio 1918), pittore austriaco, fra i massimi esponenti dell’Art Nouveau, è famoso per i suoi disegni e i dipinti, raffinati, allusivi, sensuali, ricchi di riferimenti colti, opere evocative che racchiudono e trasmettono l’atmosfera della Vienna della “Belle Epoque”, la Vienna di Sigmund Freud e Arnold Schönberg.
Figlio di Ernst, orafo incisore, e di Anna Fiuster, viennese di modesta borghesia, a 14 anni inizia a frequentare la Scuola d’Arte e Mestieri di Vienna, dove ha modo di approfondire le diverse tecniche utilizzate nell’arte classica, come l’affresco e il mosaico. Ma questa scuola fu anche il scenario che gli permette di venire a contatto con tecniche innovative del momento.
Fino al 1892, lavorerà con lui il fratello Ernst, l’anno della sua morte. Nello stesso anno il Ministero della Cultura e dell’Educazione commissiona a Klimt e a Franz Matsch, il suo compagno di studi, la decorazione di alcuni saloni dell’Università di Vienna.
Qui inizia ufficialmente la carriera di artista realizzando decorazioni pittoriche di diversi edifici pubblici e divenendo, ben presto, l’erede di Hans Makart (1840-1884). La decorazione per l’aula magna dell’Università di Vienna, con temi della filosofia, medicina e della giurisprudenza, eseguita da Klimt tra il 1900 e il 1903, provocò dure critiche da parte delle autorità viennesi per i loro contenuti erotici e l’inedita impostazione compositiva dei dipinti.
Fu anche considerato osceno il grande Fregio di Beethoven, sviluppato su tre pareti per una lunghezza totale di 34 metri, realizzato nel 1902 e conservato nel Palazzo della Secessione a Vienna, nella sala che ospitava il monumento a Ludwig van Beethoven, opera del pittore tedesco, Max Klinger (Lipsia, 18 febbraio 1857 – Großjena, 4 luglio 1920). Nel Fregio si sviluppa tutta la forza narrativa di Klimt attraverso le sue figure simboliche che richiamano, tra l’altro, l’arte giapponese e la potenza delle espressività rituali africane.
Questi scandali contribuirono la fine della carriera ufficiale di Gustav Klimt. Ma Klimt non si è mai lasciato intimidire, nel 1897, come reazione e ribellione, fondò il movimento della Secessione viennese. Il termine “Secessione” viene mutuato dalla storia romana e si riferisce al metodo di lotta usato dai plebei per ottenere la parità di diritti contro i patrizi, la “secessio plebis”. Diventerà un termine di moda per indicare la rivolta dei giovani artisti contro il conservatorismo della generazione precedente.
Proprio in questo periodo, l’artista matura definitivamente la propria posizione, improntata alla ribellione verso i canoni ufficiali e alla rivolta generazionale che intendeva liberare l’arte dal tributo alle convenzioni.
Come scrisse lo stesso Klimt, in una lettera alla “Kunstlerhaus”, la “Casa dell’Artista” a cui faceva capo la struttura associativa degli artisti viennesi e l’organizzazione ufficiale delle mostre: “il mio scopo era quello di “portare la vita artistica viennese in un rapporto vitale con l’evoluzione dell’arte estera e proporre delle esposizioni dal puro carattere artistico libere dalle esigenze di mercato”.
Klimt, utilizzando le innovazioni decorative dell’“Art Nouveau”, movimento legato soprattutto alle arti applicate, di cui divenne il più grande rappresentante nel campo della pittura, sviluppò uno stile ricco e complesso ispirandosi spesso alla composizione dei mosaici bizantini, arte studiata a Ravenna. Lontano dalle correnti d’avanguardia della pittura dell’epoca e in contatto con gli aspetti più innovatori dell’architettura e del design del XX secolo, Klimt fu un sostenitore di giovani artisti come Oskar Kokoschka ed Egon Schiele, presentati ai Viennesi, rispettivamente, al Kunstschau del 1908 e al Kunstschau del 1909.
Gustav Klimt morì il 6 febbraio 1918, per un attacco apoplettico.
Fra i dipinti di Klimt, uno in particolare, è stato protagonista di una vicenda particolarmente curiosa, quello del Ritratto di signora, realizzato tra il 1916 e il 1918, (olio su tela – cm. 68 x 55 cm), conservato nella Galleria Ricci Oddi di Piacenza. L’opera nascosta, quando si pensava che fosse stata rubata dalla Galleria Ricci Oddi di Piacenza, tra il 19 e il 21 febbraio del 1997, venne ritrovata il 10 dicembre del 2019, dopo 23 anni, quando il personale del museo ha ritrovato il dipinto dentro un sacco di spazzatura, nascosto in una nicchia coperta da alcuni rami di edera.
David Zahedi