Siamo all’inizio del 1500 quando Leonardo da Vinci inizia a dipingere il “Ritratto di dama al balcone” (1503-1506), dipinto che diventerà, con la denominazione più nota di “Gioconda”, il ritratto più famoso al mondo.
Si tratta di un olio su tavola di 77×53 centimetri creato probabilmente su commissione del mercante fiorentino Francesco il Giocondo per immortalare la bella moglie.
Leonardo inizia a dipingere il ritratto a Firenze, ma lo conserverà fino alla sua morte (avvenuta il Francia nel 1519) facendolo oggetto di numerose rielaborazioni e ritocchi.
La “Monna Lisa” (è questo un altro dei nomi dati al dipinto, in riferimento al nome della moglie del Giocondo, Lisa Gherardini, preceduto dal diminutivo di Madonna, equivalente del moderno Signora) incarna perfettamente l’arte del Maestro fiorentino dello sfumato che è riuscito a conciliare il raggiungimento dell’armonia compositiva con un’ardente imitazione delle apparenze naturali e che in questo dipinto ha voluto giocare con lo spettatore in un rapporto di comunicazione ambiguo, dove l’espressione della dama non viene fissata in modo definitivo, ma sembra mutare davanti allo spettatore e reagire alla sua presenza “come una cosa viva”.
Come detto, fu Leonardo stesso a portare la Gioconda in Francia nel 1516 ma dopo tale evento documentato, la sorte di questo straordinario dipinto rimane incerta e nebbiosa fino al 1625, quando viene nominata da Cassiano del Pozzo come facente parte della collezione reale francese. Anni dopo Luigi XVI fa trasferire il ritratto a Versailles e bisogna attendere la fine della Rivoluzione francese perchè venga spostato al Louvre.
Il dipinto rimase nel museo fino alla mattina del 21 agosto 1911, quando Vincenzo Peruggia, ex-impiegato del Louvre, lo rubò con l’intento di restituire all’Italia (suo paese d’origine) un capolavoro ingiustamente trafugato durante le spoliazioni napoleoniche. Il Peruggia non sapeva che era stato il Maestro a portare il dipinto in Francia, ma di certo sapeva come sottrarlo, avendo lui stesso partecipato a montare la teca di vetro dov’era contenuto. E così fece, aspettando per un’intera notte in uno sgabuzzino che arrivasse il giorno di chiusura del museo.
La denuncia del furto fu fatta solo il giorno seguente, quando due artisti, Louis Beroud e Frederic Languillerme, recatisi al Louvre per studiare e copiare i grandi capolavori del rinascimento, non trovarono che una cornice vuota.
Il posto lasciato vuoto dalla Monna Lisa venne temporaneamente occupato dal ritratto di Baldassarre Castiglione di Raffaello e le indagini partirono immediatamente; gli ispettori arrivarono a sospettare perfino di Guillaume Apollinaire e Pablo Picasso prima di cominciare a indagare sul personale interno al museo.
Seppur ispezionata, la stanza di Vincenzo Peruggia non rivelò il nascondiglio del capolavoro alla gendarmeria francese e si dovette aspettare l’11 dicembre 1913, quando il collezionista fiorentino Alfredo Geri inviò lettere ai privati in cui chiedeva dipinti in prestito per una mostra, perchè il ladro venisse smascherato e arrestato.
La condanna fu di un anno e quindici giorni, ridotta poi a sette mesi e otto giorni per le attenuanti di patriottismo e presunto ritardo mentale.
Prima di tornare in Francia, il governo italiano ottenne di poter esporre il capolavoro a Firenze e Roma in occasione del Natale per poi rispedirlo alle autorità francesi su un vagone speciale delle ferrovie italiane concludendo così l’avventura di un capolavoro senza tempo.
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Daisy Viviani