Era il 23 novembre del 1889 quando a S.Francisco entra in funzione uno strano aggeggio in cui bastava introdurre una moneta, selezionare la canzone e sentire la musica. Era il primo Juke Box della storia. Il nome significa letteralmente “armonica armadio” che potremmo interpretare come “scatola musicale”. All’inizio l’aspetto di questi meccanismi musicali era alquanto rozzo . Si passa dal fonografo a moneta con 4 tubi da cui ascoltare il suono, al pianoforte automatico, una sorta di carillon che funzionava a moneta. Il concetto innovativo rispetto al passato era appunto questo: io introduco un moneta e invece di pagare un musicista pago un apparecchio che mi fa sentire la musica “quando” voglio io. Con il tempo al concetto di “quando” si è affiancato il “come” voglio io, ossia la possibilità di scegliere il tipo di musica. Questo venne reso possibile solo quando dai pianoforti elettrici, che riproducevano solo una canzone, si è passati a quelli un po’ più sofisticati che offrivano più brani. La azienda produttrice Wurlitzer fu la pioniera ma è stato solo nel 1927 che la Ami mette a punto il primo fonografo a moneta con le caratteristiche per le quali lo conosciamo anche oggi.
E’in questi anni che questo apparecchio conosce la massima diffusione in termini di vendita. La Wurlitzer raggiunge il massimo picco di vendite nel 1936 con 40.000, unità un record mai più superato nella storia. La gente trova indispensabile e stupefacente poter ascoltare musica senza dover pagare orchestrine in carne e ossa rendendo democratica la musica che di fatto diventa accessibile a tutti. Siamo negli anni immediatamente successivi alla grande depressione e il collegamento tra voglia di divertirsi e juke box trova una facile risposta sociologica. Negli anni ’30 i dischi che potevano essere caricati all’interno dei meccanismi di riproduzione erano a 78 giri i “pezzi” a disposizione non superavano le 12 unità e il materiale utilizzato per l'”armadio sonoro” era il legno. Nel 1938 arriva la geniale intuizione della Seeburg che inizia a fabbricare questi apparecchi con plastica e luci colorate. E’ un successo, cosi come rappresentò una autentica svolta, quella avvenuta nel primo dopoguerra con l’adozione del vinile a 45 giri che consentì la realizzazione del M100A dove 100 stava per il numero dei dischi e quindi delle canzoni che si potevano scegliere. Da li, l’iconografia del juke box prende le forme degli anni ’60 dei mitici ragazzi di Happy Days e nel loro carismatico leader, Fonzie, che con un pugno ben assestato riusciva tra lo stupore di tutti a far partire la musica. Oggi il juke box è un oggetto da collezionismo superato dagli effetti speciali delle discoteche che offrono mostruose quantità di decibel a discapito dei padiglioni auricolari di teen agers in cerca di solitari sballi sonori, ma ll juke box,instaurava comunicazione e socialità tra le persone e questo è un fattore vincente che potrà prendersi una sua rivincita prima o poi.
Fabio D’Andrea