Bologna era al centro di un territorio in cui l’opera degli artisti aveva un accentuato carattere devozionale e pietistico. La città si trovava a contatto ravvicinato con l’arte padana e veneta, sulle cui basi culturali ed estetiche i Carracci svolsero il loro compito di teorici del rinnovamento artistico. I tre pittori bolognesi furono altamente celebrati dalla letteratura Seicentesca, la quale riconobbe in loro gli iniziatori della grande pittura del ‘600, in contrapposizione alla tendenza realistica del Caravaggio (Caravaggio, 29 Settembre 1571 – Porto Ercole 18 Luglio 1610). Storici dell’arte come André Chastel e Giulio Carlo Argan sottolinearono come l’attività artistica di Ludovico Carracci (Bologna, 21 Aprile 1555 – Bologna,13 Novembre 1619) e del cugino Agostino Carracci (Bologna, 16 Agosto 1557 – Parma, 23 Febbraio 1602) aveva contribuito all’uscita dalla crisi del Manierismo, alla formazione della cultura Barocca e a nuove soluzioni basate sul recupero della tradizione classica e sullo studio del vero. I due cugini provenivano da una formazione di Prospero Fontana (Bologna, 1512-Roma, 1597), dalla pittura manieristica di Bartolomeo Passarotti (Bologna, 1529-Roma, 3 Giugno 1592) e dagli studi dei grandi cinquecentisti veneti. Nel 1582 i Carracci fondarono l’ “Accademia dei Desiderosi”, poi soprannominata “Accademia degli Incamminati”, fucina di discussioni estetiche oltre che di esercitazioni pratiche. I due artisti, assieme al fratello di Agostino, Annibale Carracci (Bologna, 3 Novembre 1560 – Roma, 15 Luglio 1609) basandosi sugli esempi dei grandi del ‘500, proponevano un rinnovamento della pittura e un approccio diretto al soggetto, con una rappresentazione il più realistica possibile. L’intento dei Carracci era quello di formare nuovi talenti dell’arte con un’educazione che fosse valida sia dal punto di vista pratico che culturale, un concetto assolutamente moderno di scuola. L’accademia era organizzata in parte come una bottega del Quattrocento, dove si faceva molta pratica, si apprendeva la tecnica e la manualità pittorica, si abituava l’allievo ad acquisire una personale visione della realtà tramite il disegno dal vero, questo approccio eliminava le complessità teoriche dell’arte manierista, ma contemporaneamente gli artisti venivano avvicinati alla cultura umanistica (lettere, scienze, filosofia) per dotarli di una base culturale insieme alla professionalità artistica.
La direzione e la scelta degli indirizzi programmatici dell’accademia spettavano al più anziano Ludovico, ma altrettanto importante fu la figura di Agostino, uomo di grande cultura, nella scuola diventò l’insegnante di anatomia e prospettiva. Fu anche un importante incisore, tanto da riprodurre opere d’importanti maestri come Antonio Allegri detto il Correggio (Correggio, Agosto 1489 – Correggio, 5 Marzo 1534) e Paolo Veronese (Verona, 1528 – Venezia, 19 Aprile 1588). Fra le numerose pale d’altare di Ludovico, degli anni ottanta sono la “Madonna dei Bargellini” (Olio su tela,cm. 282 x188, 1588, Pinacoteca Nazionale di Bologna), il “Battista che predica alle turbe” (Olio su tela,cm. 380 x 227, 1592, Pinacoteca Nazionale di Bologna) e la “Trasfigurazione di Cristo” (Olio su tela, cm. 437 x 237, 1595, Pinacoteca Nazionale di Bologna). Di profondo senso spaziale furono le opere degli inizi del ‘600, nel Duomo e nel Palazzo Arcivescovile di Piacenza, e nel chiosco di San Michele in Bosco (Bologna). Gli fu affidato un importante incarico da Maffeo Barberini: la realizzazione di un “San Sebastiano gettato nella cloaca massima” (Olio su tela, cm. 167 x 233, 1612, J. Paul Getty Museum) per la sua cappella gentilizia nella chiesa di Sant’Andrea della Valle a Roma. In Agostino particolarmente rilevante fu la sua attività incisoria, fra le sue migliori opere in campo grafico, si rammenta la collaborazione alla prima edizione illustrata della “Gerusalemme Liberata” di Torquato Tasso, pubblicata a Genova nel 1590. Delle venti incisioni, dieci erano di mano del Carracci. Prima vera opera individuale risale agli anni Ottanta, “Madonna con Bambino e Santi” (Olio su tela, cm. 152 x 127, 1586, Galleria Nazionale di Parma) che fu commissionata da Margherita Farnese per la chiesa conventuale di San Paolo a Parma. Sono poche le opere realizzate dal pittore, forse perché se pur apprezzato dai suoi contemporanei, Agostino finì per essere schiacciato dalla fama artistica del fratello Annibale. Anche la stessa pratica incisoria lo svantaggiò, facendolo percepire più incline alla copia che all’ideazione. I cugini Carracci furono attivi anche in imprese realizzate collettivamente. A Bologna, nel 1584 affrescarono alcune stanze del Palazzo Fava : tra le più note c’è il fregio con le “Storie di Giasone e Medea” (Ciclo di Affreschi, 1584, Palazzo Fava, Bologna). I tre proseguono la collaborazione decorando il salone d’onore di Palazzo Magnani, con le “Storie di Romolo e Remo” (Ciclo di Affreschi, 1588-91, Palazzo Magnani, Bologna). Come si siano divisi il lavoro e ripartiti le scene risultano questioni ancora poco chiare. Tra il 1593 e il 1594 decorarono, sempre a Bologna, tre sale del Palazzo Sampieri con le “Storie di Ercole” ( Ciclo di Affreschi, 1593-94, Palazzo Sampieri, Bologna). Agli affreschi si aggiunsero tre grandi tele, eseguite da ciascun Carracci. A causa di gravi problemi di salute Agostino Carracci morì nel febbraio del 1602 e fu sepolto nel Duomo di Parma, a differenza del cugino Ludovico, che si spense dieci anni dopo in quel di Bologna.
Raffaella Campobasso