ALBERTO SORDI: “AH ME DISPIACE, MA IO SO’ IO… e VOI NON SIETE UN CAZZO!”

“Maccarone m’hai provocato e io ti distruggo adesso, io me te magno! Questo ‘o damo ar gatto! Questo ar sorcio, co’ questo ce ammazzamo ‘e cimici”.

Ormai le situazioni e i personaggi rappresentati dall’attore sono talmente ampi e vari che egli può legittimamente affermare di aver contribuito di fatto alla conoscenza storica dell’Italia. 
Alberto Sordi (Roma, 15 giugno 1920 – Roma, 24 febbraio 2003) è stato un importante interprete della storia del cinema italiano. Assieme a Ugo Tognazzi, Vittorio Gassman e Nino Manfredi fu uno dei “mattatori” della commedia all’italiana, e insieme ad Aldo Fabrizi e Anna Magnani, rappresentante della romanità. 
L’Albertone nazionale era il figlio di Pietro Sordi, direttore d’orchestra e concertista presso il teatro dell’opera di Roma, e dell’insegnante Maria Righetti. Durante la sua carriera, durata più di cinquant’anni, ha recitato in circa 150 film. La sua carriera artistica è iniziata con programmi radiofonici popolari e come doppiatore.
Dal 1936, si occupa di diversi campi dello spettacolo, come fantasista, imitatore e comparsa in alcuni film. In questo periodo vince il concorso della MGM come doppiatore dell’allora sconosciuto “Ollio” americano, caratterizzandolo in modo inconfondibile con la sua originalissima voce e cadenza.
– Nel 1942, è il protagonista de “I tre aquilotti”, di Mario Mattoli e si afferma sempre più nel mondo della rivista di varietà, di gran lunga lo spettacolo teatrale più seguito dagli italiani anche negli anni drammatici e tristi della guerra.
– Nel 1943, è al teatro Quirino di Roma con “Ritorna Za-Bum”, scritto da Marcello Marchesi con la regia di Mario Mattoli.
– Nel 1944, l’anno successivo, segue il debutto al Quattro Fontane con “Sai che ti dico?”, sempre di Marchesi con regia di Mattoli. Successivamente prende parte alla rivista “ImputatiSalziamoci!” di Michele Galdieri ed il suo nome inizia ad apparire in grande nei manifesti dello spettacolo.
– Nel 1948, arriva il suo debutto nel mondo della televisione, quando, presentato alla neonata Rai dalla scrittrice Alba de Cespedes, conduce un programma di cui è anche autore, “Vi parla Alberto Sordi”. Nello stesso contesto incide per la Fonit alcune canzonette da lui scritte, tra cui “Nonnetta”, “Il carcerato”, “Il gatto” e “Il milionario”.
Ha anche dato vita a personaggi come il signor Coso, Mario Pio ed il conte Claro, personaggi che sono la base primaria della sua grande popolarità e che gli permettono d’interpretare, nel 1951, grazie a De Sica e Zavattini, “Mamma mia, che impressione!” di Roberto Savarese. Nello stesso anno arriva la grande occasione, il salto di qualità. Viene diretto dal già famoso maestro Federico Felliniche lo sceglie per la parte del divo dei fotoromanzi ne “Lo sceicco bianco”. Fu un gran successo di pubblico.
– Nel 1953, dopo il successo di “Lo sceicco bianco”, Fellini lo richiama per un altro film, ma nessuno dei due può immaginarsi che la pellicola che stanno preparando li proietterà direttamente nella storia del cinema, il titolo del film era “I vitelloni”, film acclamato immediatamente dalla critica e dal pubblico. Qui, Albertone inventa una caratteristica che diverrà protagonista di molti suoi film: un tipo petulante, malizioso ed ingenuo allo stesso tempo.
Sordi è ormai una star, solo nel ’54 gira tredici film, fra cui “Un americano a Roma” di Steno, nel quale reinterpreta Nando Moriconi, lo spaccone romano con il mito degli States. L’anno successivo, negli Stati Uniti, a Kansas City, riceverà le chiavi della città e la carica di Governatore onorario come “premio” per la propaganda favorevole all’America promossa dal suo personaggio. Nello stesso anno vince il “Nastro d’argento” come miglior attore non protagonista per “I vitelloni”.
La sua ascesa continua e arriverà all’apice negli anni Sessanta, il periodo d’oro della commedia all’italiana. Fra i riconoscimenti vanno segnalati il “Nastro d’argento” come miglior attore protagonista per “La grande guerra” di Mario Monicelli, il “David di Donatello” per “I magliari” e “Tutti a casa” di Comencini, “Globo d’oro” negli Stati Uniti ed Orso d’oro” a Berlino per “Il diavolo” di Polidoro. 
– – Nel 1966, eordisce anche come regista. Ne scaturisce il film “Fumo di Londra”, che si aggiudica il “David di Donatello”.
– – Nel 1968, due anni dopo, torna a farsi dirigere da altri due maestri della commedia come nel grottesco “Il medico della mutua” di Luigi Zampa, una satira che metteva all’indice il sistema sanitario nazionale e le sue tare, e nel “Detenuto in attesa di giudizio” di Nanni Loy.
Ma Sordi si è distinto anche nell’ambito del cinema drammatico. Una prova famosa per intensità è quella di “Un borghese piccolo piccolo” di Mario Monicelli, che gli valse l’ennesimo “David di Donatello” per l’interpretazione.
– Nel 1981,
interpreta un’altro suo capolavoro, Il marchese del Grillo di Mario Monicelli, da cui la celebre frase che il marchese rivolge ad un gruppo di popolani “Mi dispiace, ma io so’ io e voi non siete un cazzo!”
– Nel 1995, riceve il “Leone d’oro” alla carriera.
– Nel 1997, Los Angeles e San Francisco gli dedicano una rassegna di 24 film che riscuote un grandissimo successo di pubblico.
– Nel 1999, due anni dopo, arriva un’altro “David di Donatello” per “i 60 anni di straordinaria” carriera.
– Il 15 giugno del 2000, in occasione dei suoi 80 anni, il sindaco di Roma, Francesco Rutelli, gli cede per un giorno lo “scettro” della città.
Ha ricevuto lauree “honoris causa” in Scienze della Comunicazione dallo Iulm di Milano e dall’Università di Salerno. La motivazione della laurea milanese recita: “la laurea viene assegnata ad Alberto Sordi per la coerenza di un lavoro che non ha eguali e per l’eccezionale capacità di usare il cinema per comunicare e trasmettere l’ideale storia di valori e costumi dell’Italia moderna dall’inizio del Novecento a oggi”.
Muore il 25 febbraio 2003, a 82 anni, nella sua villa di Roma, dopo una grave malattia durata sei mesi. 

Alessia Marconi