“Non iniziò con le camere a gas. Non iniziò con i forni crematori. Non iniziò con i campi di concentramento e di sterminio. Non iniziò con i 6 milioni di ebrei che persero la vita. E non iniziò nemmeno con gli altri 10 milioni di persone morte, tra polacchi, ucraini, bielorussi, russi, yugoslavi, rom, disabili, dissidenti politici, prigionieri di guerra, testimoni di Geova e omosessuali.
Iniziò con i politici che dividevano le persone tra “noi” e “loro”. Iniziò con i discorsi di odio e di intolleranza, nelle piazze e attraverso i mezzi di comunicazione. Iniziò con promesse e propaganda, volte solo all’aumento del consenso. Iniziò con le leggi che distinguevano le persone in base alla “razza” e al colore della pelle. Iniziò con i bambini espulsi da scuola, perché figli di persone di un’altra religione. Iniziò con le persone private dei loro beni, dei loro affetti, delle loro case, della loro dignità. Iniziò con la schedatura degli intellettuali. Iniziò con la ghettizzazione e con la deportazione.
Iniziò quando la gente smise di preoccuparsene, quando la gente divenne insensibile, obbediente e cieca, con la convinzione che tutto questo fosse “normale”.
L’Olocausto è una pagina del libro dell’Umanità da cui non dovremo mai togliere il segnalibro della Memoria, perché se comprendere è impossibile, conoscere è necessario, perché ciò che è accaduto può ritornare, le coscienze possono nuovamente essere sedotte ed oscurate: anche le nostre.” (Primo Levi).
Primo Michele Levi (Torino, 31 luglio 1919 – Torino, 11 aprile 1987) è stato uno scrittore, partigiano, chimico e poeta italiano, autore di memorie, poesie e romanzi.
Scrittore ebreo e testimone delle deportazioni naziste, nonchè sopravvissuto ai lager di Hitler, ha descritto in alcuni suoi libri le pratiche e le tradizioni tipiche del suo popolo e ha rievocato alcuni episodi che vedono al centro la sua famiglia.
– Nel 1921, nasce la sorella Anna Maria, cui resterà legatissimo per tutta la vita. Cagionevole di salute, fragile e sensibile, la sua infanzia è contrassegnata da una certa solitudine a cui mancano i tipici giochi condotti dai coetanei.
– Nel 1934, Primo Levi si iscrive al Ginnasio, Liceo D’Azeglio di Torino, istituto noto per aver ospitato docenti illustri e oppositori del fascismo come Franco Antonicelli, Umberto Cosmo, Zini Zini e tanti altri. Si dimostra un eccellente studente, uno dei migliori, grazie alla sua mente lucida ed estremamente razionale. Ricco di una fervida fantasia e una grande capacità immaginativa, si distingue nelle materie scientifiche e letterarie. La sua passione per la chimica e per la biologia, lo portano a formare il suo futuro professionale.
– Nel 1941, si laurea in scienze. Il suo attestato riporta la dicitura “Primo Levi, di razza ebraica”. Lui commenta: “le leggi razziali furono provvidenziali per me, ma anche per gli altri: costituirono la dimostrazione per assurdo della stupidità del fascismo. Si era ormai dimenticato il volto criminale del fascismo; rimaneva da vederne quello sciocco”.
– Nel 1942, si trasferisce a Milano per lavoro. La guerra si espande in tutta Europa compreso in Italia.
– Nel 1943, si rifugia sulle montagne sopra Aosta, unendosi ai partigiani. Viene quasi subito catturato dai fascisti. L’anno seguente si ritrova internato nel campo di concentramento di Fossoli e successivamente deportato ad Auschwitz.
Viene liberato il 27 gennaio 1945 in occasione dell’arrivo dei Russi al campo di Buna-Monowitz, anche se il suo rimpatrio avverrà solo nell’ottobre successivo.
– Nel 1947, scrive “Se questo è un uomo”. E’ la descrizione minuziosa della sua orribile esperienza, ricca di particolari, ma anche con umanità e dignità. Il romanzo-testimonianza è un documento delle violenze naziste, scritto da un uomo di limpida e cristallina personalità.
In un’intervista concessa poco dopo la pubblicazione, spesso integrata al romanzo, Primo Levi dichiara: “sono disposto a perdonare i suoi aguzzini e di non provare rancore nei confronti dei nazisti. Ciò che gli importa, dice, è solo rendere una testimonianza diretta, allo scopo di fornire un contributo personale affinchè si eviti il ripetersi di tali e tanti orrori”.
– Nel 1963, vince il premio Campiello con il suo secondo libro “La tregua”, il seguito “Se questo è un uomo”, cronache del ritorno a casa dopo la liberazione. Successivamente vince il premio Bagutta Altre con “Storie naturali”, una raccolta di poesie “L’osteria di Brema” e altri libri come “La chiave a stella”, “La ricerca delle radici”, “Antologia personale” e “Se non ora quando”, con il quale vince per la seconda volta il Premio Campiello.
– Nel 1986, scrive la sua ultima opera, un altro testo assai ispirato dall’emblematico titolo “I Sommersi e i Salvati”.
Primo Levi muore suicida l’11 aprile 1987, probabilmente lacerato dalle strazianti esperienze vissute e dal quel sottile senso di colpa che talvolta, assurdamente, logora gli ebrei scampati all’Olocausto: quello di sentirsi “colpevoli” di essere sopravvissuti.
Scrittore ebreo e testimone delle deportazioni naziste, nonchè sopravvissuto ai lager di Hitler, ha descritto in alcuni suoi libri le pratiche e le tradizioni tipiche del suo popolo e ha rievocato alcuni episodi che vedono al centro la sua famiglia.
– Nel 1921, nasce la sorella Anna Maria, cui resterà legatissimo per tutta la vita. Cagionevole di salute, fragile e sensibile, la sua infanzia è contrassegnata da una certa solitudine a cui mancano i tipici giochi condotti dai coetanei.
– Nel 1934, Primo Levi si iscrive al Ginnasio, Liceo D’Azeglio di Torino, istituto noto per aver ospitato docenti illustri e oppositori del fascismo come Franco Antonicelli, Umberto Cosmo, Zini Zini e tanti altri. Si dimostra un eccellente studente, uno dei migliori, grazie alla sua mente lucida ed estremamente razionale. Ricco di una fervida fantasia e una grande capacità immaginativa, si distingue nelle materie scientifiche e letterarie. La sua passione per la chimica e per la biologia, lo portano a formare il suo futuro professionale.
– Nel 1941, si laurea in scienze. Il suo attestato riporta la dicitura “Primo Levi, di razza ebraica”. Lui commenta: “le leggi razziali furono provvidenziali per me, ma anche per gli altri: costituirono la dimostrazione per assurdo della stupidità del fascismo. Si era ormai dimenticato il volto criminale del fascismo; rimaneva da vederne quello sciocco”.
– Nel 1942, si trasferisce a Milano per lavoro. La guerra si espande in tutta Europa compreso in Italia.
– Nel 1943, si rifugia sulle montagne sopra Aosta, unendosi ai partigiani. Viene quasi subito catturato dai fascisti. L’anno seguente si ritrova internato nel campo di concentramento di Fossoli e successivamente deportato ad Auschwitz.
Viene liberato il 27 gennaio 1945 in occasione dell’arrivo dei Russi al campo di Buna-Monowitz, anche se il suo rimpatrio avverrà solo nell’ottobre successivo.
– Nel 1947, scrive “Se questo è un uomo”. E’ la descrizione minuziosa della sua orribile esperienza, ricca di particolari, ma anche con umanità e dignità. Il romanzo-testimonianza è un documento delle violenze naziste, scritto da un uomo di limpida e cristallina personalità.
In un’intervista concessa poco dopo la pubblicazione, spesso integrata al romanzo, Primo Levi dichiara: “sono disposto a perdonare i suoi aguzzini e di non provare rancore nei confronti dei nazisti. Ciò che gli importa, dice, è solo rendere una testimonianza diretta, allo scopo di fornire un contributo personale affinchè si eviti il ripetersi di tali e tanti orrori”.
– Nel 1963, vince il premio Campiello con il suo secondo libro “La tregua”, il seguito “Se questo è un uomo”, cronache del ritorno a casa dopo la liberazione. Successivamente vince il premio Bagutta Altre con “Storie naturali”, una raccolta di poesie “L’osteria di Brema” e altri libri come “La chiave a stella”, “La ricerca delle radici”, “Antologia personale” e “Se non ora quando”, con il quale vince per la seconda volta il Premio Campiello.
– Nel 1986, scrive la sua ultima opera, un altro testo assai ispirato dall’emblematico titolo “I Sommersi e i Salvati”.
Primo Levi muore suicida l’11 aprile 1987, probabilmente lacerato dalle strazianti esperienze vissute e dal quel sottile senso di colpa che talvolta, assurdamente, logora gli ebrei scampati all’Olocausto: quello di sentirsi “colpevoli” di essere sopravvissuti.
David Zahedi