Il Giro del Mondo in 80 giorni, diario di viaggio: ventottesimo giorno. Continuiamo la nostra perlustrazione del centro e sud America. Dopo aver passato l’istmo di Panama, accediamo alla Colombia per tornare a scoprire le tracce di antiche civiltà. Arriviamo a San Agustin, tutta raccolta in un’area montagnosa nel dipartimento di Huila: cullata tra colline e profonde valli si serba una vasta area archeologica, una vera e propria pagina di storia incisa nel paesaggio, memoria di un’antica civiltà scomparsa. Ma non è così facile giungervi: il paesaggio impervio rende difficoltoso il raggiungimento della meta, tanto che spesso si deve ricorrere al cavallo o ad un fuoristrada. Il mistero che aleggia su questo sito sembra rinfocolato dalle statue monolitiche, gli intagli e i geroglifici che tempestano la zona, testimonianza di una cultura, quella agustiniana, della quale non si sa ancora molto. Il parco archeologico, che comprende anche un museo e una biblioteca specializzata, si apre con il Bosco delle Statue, un sentiero nel paesaggio dove si possono ammirare ben 35 statue di stile e datazione differenti, rappresentanti figure umane più o meno stilizzate. Ammirati i monoliti, si passa alla Fonte dei Lavapiedi, il fonte cerimoniale ricavato nel vicino ruscello: il letto roccioso del fiumiciattolo risulta tutto inciso con immagini di serpenti, lucertole e altri rettili che, insieme a figure umane, decorano l’intreccio di canali. Questa grande opera scultorea fa pensare che le acque del ruscello fossero utilizzate per cerimonie rituali, forse legate a culti funerari. Nella zona sopraelevata, chiamata Alto Lavapiedi, sono state portate alla luce una serie di tombe (protette dalla statua del “doppio io”) che, insieme alla spianata del Tavoliere, destinata all’area residenziale, chiudono l’insediamento completandolo di ogni funzionalità. San Agustin ci lascia addosso un’indefinita sensazione d’irrisolto, un mistero che non trova soluzione, protetto dalle masse imponenti delle colline che lo circondano. Abbandonate le sculture misteriche, con un salto temporale ci addentriamo nella coloniale Cartagena de Indias, nel dipartimento di Bolivar. Adagiata in una baia protetta da numerose isolette e lagune, Cartagena è stata fondata nel 1533 da Pedro Heredia, trasformandosi ben presto nel principale porto del continente durante il periodo della colonizzazione spagnola. L’importante ruolo rivestito nell’ambito commerciale e la posizione geografica l’hanno resa però facile oggetto d’attacco, soprattutto per mano dei pirati, costringendo gli spagnoli a munire l’insediamento di un robusto sistema difensivo, progettato da ingegneri europei. Oggi è possibile vedere la grande opera militare che protegge la città, insieme a tutti gli altri sistemi difensivi predisposti contro gli attacchi dal mare. A memoria della fase spagnola, rimangono non solo le strutture del centro storico, tutte caratterizzate da un’architettura di stile coloniale e da vivaci colori, ma anche il Palazzo del Governatore, la bellissima Cattedrale e il Palazzo dell’Inquisizione (1770), istituzione insediata a Cartagena nel 1610 per volere del re Filippo II. Un tocco contemporaneo caratterizza la piazza antistante la Chiesa di San Domenico, dove ha sede un’opera scultorea del celebre artista colombiano Fernando Botero, conosciuto per lo stile morbido e volumetrico delle sue sculture. Termina qui questo veloce assaggio di Colombia: lasciamo il paese diretti verso le vette innevate dell’Ecuador, alla scoperta di paesaggi vulcanici e verdi vallate.
Tarcisio Agliardi e Federica Gennari