Il 27 gennaio è shoah: dall’ebraico (“tempesta devastante”, dalla Bibbia, per es. Isaia 47, 11), l’anniversario della liberazione dei sopravvissuti. Questo giorno è il giorno della memoria dello sterminio del popolo ebraico durante il Secondo conflitto mondiale. Mai come nello scorso secolo, l’umanità ha sacrificato sull’altare delle false ideologie tante vite umane. Shoah rappresenta la più atroce sofferenza di tutti i tempi per l’umanità, senza alcuna possibilità di qualsiasi paragone con altre atrocità umane.
Neppure tutte le malvagità del passato, come lo schiavismo, colonialismo, fanatismo, nazionalismo, fascismo, nazismo, razzismo, comunismo, fondamentalismo, terrorismo, con la convinzione del possesso dell’assoluta verità, sono riusciti a raggiungere tanta malvagità e crudeltà.
Oltre sei milioni di nostri simili sono stati sterminati, annientati nei campi di concentramento dalla follia nazista durante la Seconda Guerra mondiale: dalla Notte dei Cristalli (1938, stesso anno delle leggi razziali in Italia) al 1945 ebrei soprattutto, ma anche anziani, malati, bambini, zingari, oppositori politici, donne e omosessuali, nessuno è stato risparmiato dalla furia omicida che doveva garantire la razza pura, la razza ariana secondo l’ideologia di Adolf Hitler e del suo amico medico, il Dottor Morte che faceva orribili esperimenti su persone vive e donne in gravidanza.
Queste persone sono state disumanizzate, costrette ai lavori forzati, senza cibo e quasi prive di indumenti, umiliate ed infine arse nei forni crematori o uccise nelle camere a gas, le docce come le chiamavano “loro”.
Di questi uomini non si è salvato quasi nessuno; quando gli alleati entrarono nei campi di sterminio il 27 gennaio 1945 non poterono far altro che constatare le fosse comuni che infestavano l’aria nel raggio di diversi chilometri e portare immediato soccorso ai derelitti che ancora oggi si incolpano per essere sopravvissuti: uno tra i più illustri fu Primo Levi, morto suicida perché non è mai riuscito a cancellare certe immagini sempre presenti nei suoi occhi e nella mente.
Una straziante immagine, originariamente in bianco e nero e poi restaurata a colori da Tom Marshall, ritrae Istvan Reiner (Miskolc, 6 luglio 1940), un bambino di soli quattro anni ignaro del suo triste destino che indossa sorridente la famosa uniforme a strisce dei detenuti. Poche settimane dopo, il bambino venne ucciso ad Auschwitz insieme ad altri innocenti. La foto è stata donata a “Holocaust Memorial Museum” da Janos Kovacs, il fratellastro di Istvan.
Ricordiamo ai nostri cari che un mondo più pulito e puro non si ottiene eliminando il diverso da noi, che invece ci arricchisce con la sua presenza.
Preziosa Salvi