DARIO FO, PREMIO NOBEL AD UN ETERNO “GIULLARE”


Figura preminente del teatro politico che, nella tradizione antica dei giullari medioevali, ha fustigato il potere e restaurato la dignità agli umili.
Dario Fo (Sangiano, 24 marzo 1926 – Milano, 13 ottobre 2016), è stato un drammaturgo, attore, blogger, scenografo italiano, famoso per i suoi testi teatrali di satira politica e sociale, e per l’impegno politico di sinistra
In quanto uomo di teatro, Fo è stato un uomo completo, paragonabile ad Eduardo De Filippo.

Nel 1975 viene candidato per il premio Premio Nobel per la letteratura, ma sarà vincitore alla seconda candidatura del 1997. Il comunicato ufficiale della Fondazione Nobel diceva: “con un misto di riso e di serietà ci apre gli occhi sugli abusi e le ingiustizie della società, aiutandoci a collocarli in una prospettiva storica più ampia”.
La sua vita artistica incomincia quando lui da giovanissimo si trasferisce a Milano dove frequenta l’Accademia di Belle Arti di Brera e successivamente si iscrive alla facoltà di architettura del Politecnico, che abbandona prima della laurea. Successivamente riceverà nel tempo numerosissime lauree honoris causa.
Nei primi anni, la sua attività è caratterizzata fortemente dall’improvvisazione. Sul palco inventa storie che lui stesso recita in chiave farsesca e satirica.
– Nel 1952, inizia la collaborazione con la Rai: scrive e recita per la radio le trasmissioni del “Poer nano”, monologhi che vengono poco dopo rappresentati al Teatro Odeon di Milano.
Dalla collaborazione con due grandi del teatro italiano, Franco Parenti e Giustino Durano, nasce nel 1953 “Il dito nell’occhio”, uno spettacolo di satira sociale e politica, e nel 1954 “Sani da legare”, dedicato alla vita quotidiana nell’Italia dei conflitti politici. Il testo, non a caso, viene duramente colpito dalla censura, e la collaborazione si esaurisce. Infatti, quando i burocrati intervengono sul copione, i due abbandonano la trasmissione per protesta.

– Nel 1959 crea con la moglie Franca Rame un gruppo teatrale che porta il suo nome. Inizia così un periodo difficile per le censure da parte delle istituzioni allora vigenti. Ritornano alla Rai e scrivono “Canzonissima”, per poi ritornare di nuovo al Teatro nel 1963. Costituiscono il gruppo Nuova Scena, che si propone di sviluppare un teatro fortemente alternativo ma nello stesso tempo popolare.
In questi anni tenta anche l’esperienza del cinema. Diventa co-sceneggiatore ed interprete di un film di Carlo Lizzani (“Lo svitato” (1955); nel 1957 invece mette in scena per Franca Rame “Ladri, manichini e donne nude” e l’anno successivo “Comica finale”.
Alla stagione teatrale 1969-1970 appartiene “Mistero buffo”, l’opera forse più famosa di Dario Fo, che sviluppa la ricerca sulle origini della cultura popolare. Nell’originale e geniale operazione di Fo, i testi riecheggiano il linguaggio e il parlato medioevale, ottenendo questo risultato tramite un miscuglio di dialetto “padano”, di espressioni antiche e di neologismi creati dallo stesso Fo. E’ il cosiddetto “Grammelot”, uno stupefacente linguaggio espressivo di sapore arcaico, integrato dalla plastica gestualità e dalla mimica dell’attore.
– Nel 1969 fonda il “Collettivo Teatrale la Comune”, con il quale nel 1974 occupa a Milano la Palazzina Liberty, uno dei luoghi centrali del teatro politico di controinformazione. Dopo la morte del ferroviere Pinelli, mette in scena “Morte accidentale di un anarchico”. Dopo il colpo di stato in Cile, invece, scrive “Guerra di popolo in Cile”: un tributo al governo di Salvador Allende che però in qualche modo allude anche, e neanche troppo velatamente, alla situazione politico-sociale che si stava vivendo in Italia.
– Nel 1977, dopo 15 anni, Fo torna sugli schermi. La carica dissacratoria non si è esaurita e i suoi interventi sono sempre provocatori e tendono ad incidere sulla realtà.
Negli ultimi anni ha continuato a produrre opere teatrali, come “Johan Padan a la descoverta de le Americhe” e “Il diavolo con le zinne”, occupandosi anche di regia e di didattica.
– Nel 1987 pubblica il “Manuale minimo dell’attore”, a beneficio non solo degli estimatori ma anche di coloro che desiderano intraprendere la strada del teatro.
– Nel 1997 riceve il Premio Nobel per la Letteratura, “per avere emulato i giullari del Medio Evo, flagellando l’autorità e sostenendo la dignità degli oppressi”.
L’assegnazione del Nobel provoca, a seconda dei casi, consensi o dissensi, proprio per la natura poco definita dell’arte di Fo, “non del tutto letterato e non del tutto scrittore”. Il premiato si trasforma in una sorta di “testimonial” della campagna lanciata dal Comitato Scientifico Antivivisezionista e da altre associazioni europee, intitolata “Per opporsi al brevetto dei geni non occorre essere dei geni”.

Arman Golapyan